KABBALAH
L'antica Via ascetica e mistica dell'Occidente
Secondo
Si
potrebbe pensare che questa comprensione, o visione o, anche, intuizione, possa
essere il risultato di qualcosa di estremamente complicato, un sistema
inevitabilmente difficile da comprendere e utilizzare. In realtà ciò che
Utilizzando
Uno
dei metodi per usare
A
noi tutti piace mettere un pizzico di mistero nella vita, avere qualche matassa
da dipanare, qualche enigma che ci faccia esulare quando ne scopriamo la
soluzione. L’ uso della Cabbalah offre una miriade di queste opportunità,
perché attraverso le corrispondenze possiamo riuscire a comprendere simboli,
miti e sogni, non solo della nostra psiche, ma anche della psiche di altre
persone. Giungendo a conoscere noi stessi, possiamo conoscere e rispettare gli
altri per le loro somiglianze e anche per le loro differenze.
Che
cos’è
La
prima chiave di comprensione ci è fornita dal fatto che il termine ebraico qabalah
significa sia “ ricevere “ che “ rivelare “, cioè rappresenta un elemento di rivelazione
( del “ significato “ dell’ universo ) e al contempo il mezzo di ricezione
della sua stessa saggezza. Questa affermazione non rappresenta un paradosso se
applichiamo la massima occulta del “ come in alto così in basso “; nella
Cabbalah il rivelatore e il ricevente sono ( almeno potenzialmente ) uno e
indivisibile.
1.
2.
3.
4.
5.
Quindi
·
Una mappa di livelli di consapevolezza fisici, eterici, astrali, ecc.
·
Un modo di correlare le esperienze interiori ed esteriori e di
esprimerle a se stessi e agli altri.
·
Un modo di rapportarsi e comunicare.
·
Un modo di collegare la consapevolezza interiore con quella esteriore,
creando così un “ ponte “ attivo e creativo tra le due sfere, contribuendo ad
espandere la coscienza.
·
Un modo per rapportarsi ai processi di persone che sono apparentemente
diverse – al di là delle scelte religiose o delle peculiarità dell’ espressione
individuale o culturale.
·
Un modo di formulare idee con maggiore chiarezza e di trovare
espressioni semplici per pensieri complessi.
·
Un modo di rapportarsi a simboli il cui significato è divenuto oscuro,
è stato dimenticato o frainteso, stabilendo un collegamento tra l’ essenza di
forme, suoni, colori, semplici idee, ecc. e i loro equivalenti spirituali,
intellettuali, emotivi e fisici.
·
Un modo per mettere alla prova la veridicità delle corrispondenze e
delle idee, paragonandole a ciò che già si conosce e si comprende.
La
programmazione della vittima
La
figura della vittima è nata da un’ azione precisa durata per oltre sei secoli
ad opera dell’ Inquisizione che ha introdotto su scala quasi mondiale
condizionamenti stabili, paure e tabù, creando
una nuova programmazione, quella della vittima. La vittima non può
reagire ed è strutturata sulla regola del
buonismo
e della rassegnazione all’ insegna di una impossibilità a decidere e ad agire.
Questi condizionamenti sono diventati genetici e vengono tramandati attraverso
le generazioni.
Tutto
questo ha quindi dato origine ad una serie infinita di leggende, false
interpretazioni e superstizioni riguardo a quella che rimane comunque una delle
vie di realizzazione più antiche, semplici e complete nella storia dell’
umanità.
L’
Albero della Vita
Tutto
il sapere della Cabbalah può riassumersi in un diagramma semplice e tuttavia
unico, l’ Albero della Vita, che in ebraico è chiamato Otz Chiim.
Nonostante
la sua estrema semplicità, l’ Albero della Vita è stato descritto come rappresentazione
potente e onnicomprensiva dell’ anima umana e dell’ Universo; inoltre,
grazie alla sua schematicità, può essere velocemente memorizzato ed è facile da
visualizzare. Dalla sua struttura si può trarre una conoscenza completa della
struttura della vita in tutti i suoi aspetti, anzi, l’ Albero è una mappa orientativa
per tutti i livelli di esperienza, perché comprende il mondo esterno, quello
interno e la relazione tra i due.
Esso
include:
·
Il corpo
·
La personalità
·
L’ anima
·
Lo spirito
Essendo
una mappa di tutto il vostro essere, vi aiuterà ad orientarvi durante il vostro
cammino attraverso la vita.
L’
Albero della Vita è formato da 10 sfere o sefirot ( singola sephira
), che significa “ numero “ o “
emanazione “ o anche “ sfera “.
1. Questo cerchio rappresenta
la “ fonte interiore “, la “ divinità “ da cui ha origine la vita. E’ il Sé
dell’ essere umano, che è individuale in ognuno di noi e tuttavia comune a
tutti. Questa sephira è chiamata Kether ( corona ).
2. La sfera in alto a destra è
la “ volontà universale “ o “ scopo “. Rappresenta lo scopo del Sé ( il compito
). È detta Chockmah ( saggezza ).
3. La sfera in alto a sinistra
rappresenta l’ “ amore universale “ o “ consapevolezza “. E’ la consapevolezza
del Sé ( accettazione
del compito ). Si chiama Binah ( comprensione ).
Daath, la sephira senza numero.
Rappresenta la conoscenza.
4. La sfera intermedia del
pilastro di destra è Chesed (
pietà ). Rappresenta l’ Archetipo dell’ Amore ( Amore personale ).
5. La sfera intermedia del
pilastro di sinistra è Geburah ( forza ), che rappresenta l’ Archetipo della Volontà ( volontà personale ).
6. Al centro dell’ Albero si
trova la sephira Tipharet ( bellezza ) che rappresenta il “ centro “, o
“ io reale “.
7. Il cerchio in basso a destra
rappresenta i “ sentimenti “ e si chiama Netzach ( vittoria ).
8. Il cerchio in basso a
sinistra rappresenta i “ pensieri “ e si chiama Hod ( splendore ).
9. La penultima sfera al centro
in basso si chiama Yesod (
fondazione ) e rappresenta l’ “ energia sessuale “. Rappresenta la parte subconscia
del nostro essere.
10. La decima sfera rappresenta sia il mondo esterno che il corpo. Viene
detta Malkuth ( regno ).
Partendo
dal basso, dalla base dell’ esistenza fisica, il fulcro naturale della nostra
consapevolezza quotidiana, comprendiamo che, proprio come il corpo è un mezzo
per la nostra esperienza di vita, così lo sono anche i nostri pensieri e i
nostri sentimenti. Idealmente, il potere di analisi della mente e la funzione
trascinante dei sentimenti dovrebbero agire come forze complementari dentro di
noi, così potremmo considerarle come se occupassero lo stesso piano di
esistenza.
Le
sfere 7, 8 e 10 rappresentano la personalità cosciente.
La
sfera 9 rappresenta la parte subconscia del nostro essere; questa è la
sede degli istinti e del sistema nervoso autonomo, ma rappresenta anche il “ deposito"
dove si accumulano i
sentimenti repressi, che chiameremo “ emozioni “ per distinguerli da quelli “
espressi “. E’ importante notare la relazione tra l’ energia sessuale e l’
energia emotiva repressa.
Le
sfere dal 7 al 10 rappresentano quindi l’ intera personalità.
La
sfera 6 rappresenta l’ io reale.
Tutto
quello che abbiamo detto finora è la rappresentazione di tutto quello di cui
siamo solitamente consapevoli. La nostra coscienza è come un’ ameba che si
muove in questa parte bassa dell’ Albero . Talvolta è completamente concentrata
su di una sfera ed esclude le altre, talvolta stende degli “ pseudopodi “, cioè dei
prolungamenti di coscienza, da una sfera all’ altra. Tutto ciò di cui l’ ameba
è consapevole, è che esiste da qualche parte una “ fonte “, al di sopra o all’ interno, e
attraverso la personalità essa fa esperienza del mondo. Il resto dell’ Albero rappresenta
il collegamento con la “ fonte “, “ Dio “ o come deciderete di chiamarla.
Il
piano che unisce le sfere 4 e 5 corrisponde all’ “ anima “ ( volontà e amore ).
Queste due sfere si integrano a vicenda ed è la loro interazione che
rappresenta l’ “ opera dell’ anima individuale. Sono simili ai pensieri e
sentimenti della personalità, ma si trovano a un livello “ superiore “ o più
profondo. La “ grande opera “ può essere descritta, in un certo senso, come la
totale identificazione delle due sfere inferiori 7 e 8 con la 4 e la 5.
Al
di sopra della linea dell’ anima si trova il piano che rappresenta l’ Abisso.
Definisce un cambiamento di dimensione totale, la demarcazione tra l’ individuo, al di sotto
della linea e l’ universo al di sopra. Al centro di questa linea c’è Daath, la
sephira che non è una sephira e non ha numero. È di vitale importanza nello
schema dell’ Albero perché è il “ ponte “ tra l’ anima individuale e lo spirito
universale. Rappresenta il “ passaggio “ senza il quale è impossibile compiere
la trasmutazione necessaria alla manifestazione del miracolo o potere magiko
che dir si voglia.
Al
di sopra dell’ Abisso abbiamo la trinità di sfere, tre in una, che
rappresentano lo spirito, cioè il canale con l’ universo.
Notate
che ci sono 3 pilastri nell’ albero, il pilastro di destra ( Chockmah in
alto ), il pilastro di sinistra ( Binah in alto ) e il pilastro medio ( Kether
in alto ). Il pilastro di sinistra
corrisponde alla parte destra del corpo ( maschile ) ed è chiamato pilastro
della severità, mentre quello di destra corrisponde alla parte sinistra del
corpo ( femminile ) e viene detto pilastro della pietà.
Ogni
sephira è positiva e maschile nel dare energia alla sfera che la segue e al
contempo è negativa e femminile nel ricevere energia dalla sfera precedente.
Quindi si può dire che ciascuna sephira è bisessuale, come un magnete, dotato
di un polo positivo e uno negativo.
Nel
suo insieme, dunque, l’ Albero della Vita rappresenta l’ intera mappa dell’
esistenza di un essere umano, suddivisa nelle sue due parti essenziali( sopravvivenza e sessualità ) che
scandiscono i ritmi della vita di ognuno di noi. Attraverso la mappa
kabbalistica possiamo quindi scoprire, riconoscere ed affrontare qualunque
problema ci si presenti, trovando la sua origine, la sequenza di eventi e le
motivazioni che l’ hanno generato e la sua giusta soluzione.
(Tratto da “Cabbalah” – Will Parfitt – Edizioni Piemme)
Letture
consigliate: “ La cabala” – Will Parfitt – Edizioni Oscar Mondatori
“ Il potere della Kabbalah ” – Yehuda Berg – Edizioni TEA
“ Mistica ebraica ” – Busi/Loewenthal –
Edizioni Einaudi
La Merkavah o Mercaba’:
Il Carro di fuoco o Cocchio Celeste
La sacra Merkabà è un termine ebraico che significa carro (Carro di Fuoco, o Cocchio Celeste n.d.c.), e indica uno dei temi più importanti della speculazione mistica ebraica: la grandiosa visione del Carro divino con la quale il profeta Ezechiele inizia la sua opera .
La dottrina del carro, osserva G. Scholem, deve essere accettata senza chiedere conto della sua genesi reale.
L’immagine che Ezechiele prospettava di Jehovah, trainato su un Carro, offre agli Ebrei il segreto agognato e sollecita i mistici a salirvi in modo da poter gustare le delizie dell’Eden, già in questa vita.
La differenza tra la speculazione della Merkavah e la Gnosi vera e propria consiste, per G. Scholem, nel fatto che il mondo della divina “Pienezza” del Pleroma degli gnostici, mondo che si disgrega drammaticamente nella successione degli Eoni, si riferisce direttamente al problema della creazione e della cosmogonia; mentre tutta la problematica degli Eoni e della loro mitologia è senza significato per i mistici della Merkavah che, invece, posero al posto degli Eoni e del Pleroma il Mondo del Trono.
In definitiva il Carro è una sorta di Via Mistica, un veicolo per mezzo del quale si è trasportati, direttamente, nei regni dell’invisibile.
Sia che le immagini della Merkavah abbiano la loro origine nelle teorie del Mitraismo, sia in quelle del misticismo maomettano, una cosa è certa: che essa si configura come una specie di pellegrinaggio nel quale il pellegrino assume il ruolo di viaggiatore verso la sua casa in Dio.
“Il mistico”, osserva J. Abelson (ABEK), “Non chiedeva né si aspettava alcuna spiegazione razionalistica dei misteri della Merkavah; egli intuiva che essi riassumevano, per lui, la più alta cima dell’essere, verso la cui realizzazione tutte le sue energie dovevano volgersi senza alcuna indecisione”.
Le dottrine mistiche della Merkabà, si legge nella prefazione di Gadiel Toaf al Sefer Yezirah (TOAS), “Sono esposte nella letteratura detta degli Hekaloth (sale celesti, templi, palazzi).
“Questi scritti contengono le norme, comprendenti digiuni (atti ad esasperare le facoltà di visione e concentrazione), abluzioni e l’invocazione dei nomi segreti di Dio e dei suoi angeli, per giungere ad una visione estatica del Carro divino.
“Essi descrivono il viaggio del mistico in trance attraverso i sette cieli e le sette sale celesti fino al cospetto del Trono divino, dove, se ne era degno, veniva iniziato ai segreti del futuro o ai misteri del mondo celeste”.
La Merkavah è una delle “opere prime” realizzate da Dio.
Con tali opere, osserva Alexander Safran (SAFS): “Dio offre all’uomo di lavorare con Lui per far svolgere la Storia nel tempo, per collegarla alla meta-Storia, per inserirla nell’eternità.
“Dio offre all’uomo una duplice via per avvicinarLo. Se l’uomo percorre questa duplice via, potrà - servirLo -, potrà cioè - lavorare - a riverarLo nel mondo.
“Ma Dio ha forse bisogno del servizio, del lavoro, dell’omaggio dell’uomo? Anche - se tu agisci bene, che cosa Gli dai? -.
“Tuttavia Dio accorda all’uomo il privilegio di servirLo, perché è nel servirLo che egli diventerà capace di pensarLo e di pensare se stesso nella sua Luce e sarà capace di agire, per la Sua gloria e di giudicare i propri atti nella Sua luce”.
(Latinizzato: OPERAREPO n.d.c.)
“Espressione cabalistica per indicare uno dei procedimenti fondamentali della Kabbalah (e chiaramente della Merkabà), quello, cioè, che procede dal basso verso l’alto, dal mondo contingente della materia verso il mondo sublime della trascendenza e della pura spiritualità”.
(L’Opera del Carro rappresenta il corpo di insegnamenti segreti, esercizi spirituali e bioenergetici, posture, mantra, operazioni alchemiche e teurgiche all’interno della filosofia e della teosofia della Sacra Merkabà, la Disciplina della e nella Regola; se la M. rappresenta la Via dei mistici, l’Opera del Carro ne rappresenta la mappa da seguire. n.d.c.).
nota del curatore:
La Sacra Merkabàh, corrisponde, nel linguaggio simbolico ed archetipico dei Tarocchi (TaroT ), alla tavola 7 o settima: il “Carro” che rappresenta l’uscita trionfante dalle asperità, ma dopo aver combattuto un’ardua e dura battaglia. Nel simbolismo della tavola del carro, un Re guida trionfante il suo cocchio dorato trainato da due cavalli che sembrano rivolgersi e tirare verso opposte direzioni, uno è di colore blu e l’altro di colore rosso. Il simbolismo profondo ci guida ad interpretare questa tavola come la vittoria sulle opposte forze o tendenze interne, inconsce, contrastanti; la forza delle pulsioni profonde e dell’istinto primordiale, dell’energia allo stato puro e indifferenziato; la lotta tra la passione e l’istinto, come si trova pure nel mito platonico della biga alata presente nel Fedro. L’iniziato è divenuto re del suo universo attraverso la lotta di riconciliazione delle sue pulsioni profonde che, lasciate allo stato brado, lo vincolavano alla terra ed al caos primordiale e solo vincendole e soggiogandole riesce a vincere la battaglia e divenire re e conduttore del carro. Le due forze contrastanti, non domate ma imbrigliate, mettono la loro potenza al servizio del re; loro continuano ad essere forze primordiali che tendono ad opposte direzioni, ma essendo imbrigliate creano, nella loro sinergia, la forza direzionale del carro, la direzione evolutiva che il cocchie-Re vuole e deve percorrere.
Nel
riferimento alla Merkabà come disciplina di ascensione mistica e spirituale, la
carta del carro rappresenta il suo simbolismo più profondo e l’arcano che cela
l’immagine del suo significato.
L’iniziato
deve imbrigliare le sue forze interiori che lo tengono vincolato alla vita
materiale ed al mondo animale e metterle al servizio della propria missione
spirituale per volare alto con il sacro carro di fuoco; deve, come primo ed
essenziale gradino della sua evoluzione, “lavorare” sul e dentro il proprio
inconscio personale e collettivo per “individuarsi”, trovare se stesso, deve
unificare le diverse tendenze interiori e procedere come interezza individuale
verso i sentieri del proprio destino (individuo deriva dal latino indivisus =
indiviso, non doppio o frammentario).
Per far questo, il mistico ha bisogno di un sistema, una scuola iniziatica e segreta, un processo e un corpo di esercizi che lo purifichino e gli indichino la strada: la sacra Merkavah e l’Opera del Carro (vedi OperArepo).
I siti consigliati per approfondimenti e corsi on-line:
http://www.sapienzaverita.com/