IL SILENZIO E LA VOCE

Di: Francesca Famà Casarin

         In principio c’era il Verbo, il Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio. “In” principio , non “il” principio, perché il principio è il Silenzio.

Così Raimond Panikkar incominciò una sua conferenza!

Ora amo ricordare “L’infinito” di Giacomo Leopardi:

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interinati

Spazi di là da quella, e sovrumani

Silenzi, e profondissima quiete

Io nel pensier mi fingo; over per poco

Il cor non si spaura. E come il vento

Odo stormir tra queste piante, io quello

Infinito silenzio a questa voce

Vo comparando: e mi sovvien l’eterno

E le morte stagioni, e la presente

E viva, e il suon di lei. Così tra questa

Immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Perché tutto questo? Che senso ha dovendo parlare di teosofia?

Quando rifletto su “Parabrahman”, l’Assoluto non manifestato, penso al silenzio di Panikkar e all’Infinito di Leopardi. Provo smarrimento anche se questo smarrimento lo provo forse di più per “…la presente e viva e il suon di lei”. Ma c’è differenza, io mi chiedo? E’ questa la domanda, il punto!

         Ecco che arriva a chiarire una piccola dispensa con questo titolo: “La dottrina segreta e il suo studio”. Note prese dal Comandante Robert Bowen nel 1891, tre settimane prima della morte di Madame Blavatsky.

         Quasi un testamento penso, trovato per caso proprio ora.

         Sono indicazioni e suggerimenti per intraprendere lo studio.

H.P.B. ci dice che non dobbiamo aggrapparci a lei come la più alta autorità, ma che dobbiamo dipendere completamente dalle nostre percezioni e che la Dottrina segreta non è che un piccolo frammento della dottrina esoterica, ma racchiude quel tanto che potrà ricevere il mondo nel prossimo secolo.

         Bene, mi dico, dallo zen ho appreso che il Maestro conduce solo fino alla porta, l’allievo deve aprirla.

         H.P.B. precisa che leggere la Dottrina segreta pagina per pagina come si legge qualsiasi altro libro porterà solo alla confusione. La prima cosa da fare, anche se richiede anni, è capire qualcosa delle “tre Proposizioni Fondamentali” date nella prefazione, seguite dalla ricapitolazione e dalla conclusione (si riferisce alla D.S. nell’edizione inglese in due volumi). Essa ha parlato molto del “Principio fondamentale” e così si è espressa: “Se ci si immagina di ottenere dalla Dottrina Segreta un quadro soddisfacente della costituzione dell’Universo, si trarrà dallo studio di questo libro soltanto confusione. Esso non è destinato a dare un tale verdetto definitivo sull’esistenza, ma a dirigere verso la verità... E’ peggiore più che inutile andare verso coloro che si immagina siano degli studenti avanzati e chiedere loro di darci una interpretazione della Dottrina Segreta. Essi non possono farlo e se provassero ne risulterebbero delle relazioni esoteriche spezzettate che non assomigliano alla “Verità” neppure lontanamente. Accettare una di quelle interpretazioni sarebbe come aggrapparsi a delle idee rigide mentre la “VERITA’” è al di là di ogni idea che si possa formulare o esprimere”.

         Oso solo una parentesi: nell’insegnamento dell’Ikebana vi è una composizione che tende a rappresentare la verità attraverso l’armonia nell’assimetria. Il ramo principale che determina il movimento si è tentati a pensare che debba essere diritto . Lo stile invece lo prevede con la curvatura. Questo è un insegnamento attraverso una metafora. Il ramo curvato che richiama la flessibilità e l’armonia ritornerà, con un po’ di impegno e maestria, con la sua punta perpendicolare al centro del vaso, simbolo dello spazio cosmico, e mostrerà il suo riflesso nell’acqua. Osservando a distanza la composizione si potrà notare un semicerchio creato dalla curvatura del ramo nel quale stanno armoniosamente disposti i fiori lasciando così intuire un secondo semicerchio immaginario raffigurante lo spazio vuoto.

         Proseguendo Madame Blavatsky dice che le interpretazioni esoteriche sono tutte molto buone fino a che sono prese come colonne indicatrici per principianti e non come qualcosa di più. Precisa che non tutte le persone sono in grado di andare al di là di una concezione esoterica comune. Alle persone capaci raccomanda di accostarsi alla Dottrina segreta senza la speranza di trarne la verità finale dell’esistenza, ma di considerarla un mezzo per sviluppare il mentale affinché prenda come base le idee seguenti:

(E qui veniamo al punto, al mio smarrimento per i sovrumani silenzi o per la voce… e all’interrogarmi se c’era differenza)

 

a)    L’UNITA’ FONDAMENTALE DI OGNI ESISTENZA

Questa unità è una cosa diversa dalla comune nozione dell’unità. L’esistenza è “una cosa” e non l’unione di cose congiunte fra loro. Fondamentalmente c’è un “ESSERE” che ha due aspetti: lo Spirito o la Coscienza e la Sostanza, cioè l’oggetto della Coscienza.

Questo Essere è Assoluto e non c’è nulla al di fuori di Lui. Se si potesse separarne una parte, non potrebbe essere Assoluto perché sorgerebbe subito il confronto fra lui e la parte separata. Il confronto è incompatibile con l’idea di assoluto.

Questa Esistenza Una è la Realtà in ogni forma esistente. L’Atomo, l’Uomo, il Dio, sono ciascuno separatamente così come collettivamente, l’Essere Assoluto ed è questa idea che bisogna costantemente mantenere sullo sfondo del mentale per farne la base di ogni concezione che sorge dallo studio della Dottrina Segreta. Se lo si dimentica sopraggiunge l’idea di separazione e lo studio perde il suo valore.

Ancora una parentesi. Dice l’insegnamento della Via dei Fiori: siamo abituati alla visione duale, ma esiste solo l’Essere. Da dove nasce il giudizio? Chi giudica? Forse il cervello? È fatto di acqua! Chi sono io? Osserviamo lo specchio, questo riflette tutto senza giudizio di bene o di male e noi dobbiamo essere come lo specchio. Il problema grande è la separazione perché noi pensiamo da individui (mi viene in mente la maschera del teatro noh) ma l’armonia c’è già. La Realtà è semplice. Il monaco zen Harada, a proposito della separazione, ci disse: “se pensate ad uno spazio tra voi e l’altro, questo è ciò che voi chiamate inferno”.

 

b)    LA SECONDA IDEA è CHE NON C’E’ MATERIA MORTA

Il più piccolo atomo è vivente poiché ogni atomo è lui stesso l’Essere Assoluto. Non ci sono dunque cose quali “spazi” di Etere con Angeli che nuotano come trote nell’acqua. L’idea vera è che ogni atomo di sostanza, di qualsiasi piano, è in se stesso una vita.

 

c)    L’UOMO E’ IL MICROCOSMO

La terza idea di base è che l’uomo è il microcosmo, è l’Essente e tutte le gerarchie dei Cieli esistono in lui. Ma in verità non c’è né Macrocosmo né Microcosmo, ma UNA ESISTENZA. Grande o piccolo sono tali se visti da una coscienza limitata.

 

d)    L’ASSIOMA ERMETICO

La quarta e ultima idea base è quella espressa dal grande assioma ermetico che riassume tutte le altre. L’esterno è come l’interno, il piccolo è come il grande, ciò che è in basso è come ciò che è in alto. Non c’è che Una Vita e Una Legge e colui che la pone in opera è Uno. Nulla è interno, nulla è esterno, nulla è grande, nulla è piccolo, nulla è in alto, nulla è in basso nell’economia Divina e nello studiare la Dottrina Segreta bisogna collegare il tutto a queste idee di base.

 

     Il cervello è lo strumento della coscienza di veglia e ogni quadro mentale che si forma porta un cambiamento e una distruzione di atomi cerebrali. L’attività ordinaria passa per vie già battute, ma questo nuovo sforzo mentale è faticoso ma traccia “nuovi sentieri cerebrali”. Se lo si fa senza criterio potrebbe causare un danno fisico serio al cervello. Questo modo di pensare è quello che gli indiani chiamano Jnana Yoga. Si vedono sorgere dei concetti che non si possono esprimere, ma a mano a mano che il tempo passa, questi concetti prendono forma in immagini mentali e non bisogna lasciarsi ingannare credendo siano la realtà. Continuando a lavorare l’immagine svanisce o viene respinta e si rimane senza sostegno. Vigilando e perseverando verranno nuovi barlumi informi, che col tempo formeranno un’immagine più grande e più bella. Ma nessun quadro rappresenterà mai la verità. Il processo continua fino a trascendere la mente per penetrare e vivere nel mondo senza forme, ma del quale tutte le forme sono riflessi. Questo è il sentiero per il quale la Dottrina Segreta è stata scritta.

     Dopo tutte queste enunciazioni che possono provocare vertigini o smarrimento, sento il bisogno di precisare soprattutto a me stessa la necessità di essere vigili per non rifugiarsi in un mondo ideale, dando inoltre a questa visione il nome di “spirituale” in quanto, spesso, è solo fuga dalla realtà per colmare un vuoto che l’uomo moderno sente intorno a sé perché immerso nel pensiero positivista da un lato, e da inaccessibili “sovrumani silenzi” dall’altro, come fosse un atomo sperduto nel caos. Allora ci si comporta come la volpe della favola che, incapace di raggiungere l’uva posta troppo in alto, dice che è acerba o, per restare nella metafora, si inventano grappoli di plastica fino a morire poi di fame.

     Certamente dobbiamo però chiederci se la realtà fenomenica del mondo che ci appare con tanta evidenza è vera per uscire anche un po’ dal termine “dottrina”. Prima si è sfiorata con Panikkar la dimensione filosofica e con Leopardi quella estetica, ora un breve cenno a quella scientifica aiutata dal pensiero di Castellani. I dati che la mente ricava attraverso i sensi non corrispondono affatto ad una realtà obiettiva come la scienza classica postulava, ma rappresentano solo la reazione della mente a certi stimoli che noi supponiamo provengano dall’esterno (esempio dei suoni e dei colori). Però la mente non si limita a comporre oggetti in quanto, mediante sintesi successive, forma i concetti. Quando ad esempio diciamo “fiore”, non pensiamo ad una rosa o ad un tulipano, ma facciamo una sintesi mentale di tutti i fiori che conosciamo. I concetti sono i mattoni dell’edificio della realtà, senza dimenticare però che essi sono il frutto di un processo mentale, non di una realtà esterna. E’ importante soffermarci su queste analisi per non dimenticare che la realtà non è obiettiva cioè indipendente dalla nostra coscienza, ma rappresenta lo specchio o il Mistero sul quale la nostra coscienza continuamente proietta il suo sviluppo. E’ necessario però non trarre conclusioni semplicistiche come ad esempio che la realtà non esiste e che quella che chiamiamo realtà sia illusione, mentre è illusoria la forma con cui comunemente si considera la realtà.

     Vi sono zone dietro la mente, sfere più vaste, che non si possono intendere se non riducendole a definizioni. Qual è allora il punto di partenza? E’ l’esperienza interiore. La verità è un fatto interiore che non ha bisogno di convalida, ma ha bisogno di obiettivazione. Forse la verità è “a priori” ed è forse ciò che mi fa stabilire “la causa” che però è una mia ipotesi. E’ la mente che cerca la causa, la contemplazione no. La cosa più difficile è quella di rinunciare a credere che esista una realtà obiettiva. Ci siamo identificati nella mente razionale, così ci siamo auto limitati. Dobbiamo abbattere le barriere del credere di sapere altrimenti si rimane vittime delle ragioni degli altri e delle nostre. “Dov’è il tempo? Dov’è il problema? Fammelo vedere” interroga il monaco Zen. La mia vita passata non è in nessun luogo, è solo dentro di me in uno spazio metafisico e da questo spazio creo la mia vita, muto i significati. Ci vuole coltivazione per diventare se stessi.

     Il pensiero positivista deve essere superato se si vuole iniziare una ricerca spirituale, altrimenti verremmo a trovarci come i prigionieri incatenati nella caverna descritta da Platone. Spesso però la ricerca spirituale può dare un senso di vuoto perché viene a mancare il “nostro sapere”, cioè lo mette in dubbio. La vita diventa drammatica se non è sostenuta da una costante ricerca che rappresenta una rete di salvataggio come quella del funambolo.

     Che cosa è allora la verità? E’ un nostro bisogno fondamentale; ad esempio la povertà diventa verità per San Francesco. E l’utopia di Francesco si fa Chiara: “Guarda, considera, contempla – Non guardate in alto, guardate attorno a voi. In alto non ci sono le navate, ci sono le stelle e ancora di più dappertutto”.

     La ricerca spirituale  è un avviamento all’autoeducazione e favorisce la nascita di un “io che guarda”. Con questa PRESENZA cessano i giudizi, constatando che io sono signore di me stesso e che tutto si va salvando. Così si potrà consegnare con soavità, l’erudizione al vento per uscire in giardino o per le colline o per le strade a parlare con gli alberi, gli insetti, gli animali e le nuvole.      Solo così la bellezza della vita non ci sfuggirà e non saremo tentati a volerla distruggere col pretesto di volerla capire.

     E qui torniamo al punto di partenza. Quale punto? L’esperienza interiore!

     Chi prova smarrimento o contentezza? E dunque chi sono io? Non da dove vengo e dove vado, ma chi sono io ora.

     Ne consegue che l’imperativo “Conosci te stesso” viene a costituire il senso della Vita umana.

     “Non voler andare fuori, rientra in te, nell’uomo interiore abita la verità” ci ripete sant’Agostino.

     Posso riconoscere allora, sempre più chiaramente, di essere una coscienza e non un fenomeno che si manifesta in un mondo costituito da fenomeni fisici, ma bensì da forme di manifestazione di una Coscienza infinitamente grande.

     Posso rileggere allora le parole di sempre nel Tao te King, nei sermoni zen, nei Veda, nei papiri egizi, nella Bhagavad Gita come nei Vangeli o nelle Epistole di san Paolo, perché tutte le Vie sono buone purchè noi le consideriamo “Vie” e ci incamminiamo in esse.

     Simmaco ci ricorda però che “Per una sola via non si può giungere a un così grande segreto”. E il segreto si chiama: “IO SONO COLUI CHE E’?”

Verbo: “essere”.

Tempo: “presente”.

     Non si tratta più, adesso, di sapere, ma di ESSERE!

 

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