L'insegnamento del Buddha

 Di: Phan-Chon Tôn

Mi rifugio nel Buddha,

mi rifugio nel Dharma,

mi rifugio nel Sangha1.

Ripete per tre volte il fedele inchinato davanti alla statua dell’Augusto Istruttore.

Ma perché si rifugia nel Buddha, nel Dharma, nel Sangha? Il Buddha è colui che, grazie ai propri sforzi, ha trovato la Luce ed ha compiuto il proprio cammino passo dopo passo; ha vagato da un eccesso all’altro e finalmente è arrivato al cammino della Moderazione (Giusto Mezzo) che porta all’Illuminazione.

Cosa ha scoperto? Il Dharma, ossia la Legge. Si è soliti dire che il Dharma è la legge enunciata dal Buddha, come se fosse stato lui a costruirla e codificarla. In realtà, il Dharma non è altro che la Legge che regola l’intero Universo e che il Buddha, dopo averla scoperta per se stesso, l’ha rivelata agli uomini. Il Buddha ha insegnato il Dharma all’umanità ed a tutti coloro che lo hanno avvicinato da vivo ed a loro ha chiesto di trasmettere la Legge ai posteri. Ha spiegato a tutti questo Dharma ed ognuno ne ha recepito ciò che era in grado di ricevere.

I testi dicono che il Buddha, dopo avere raggiunto l’Illuminazione, abbia esitato parecchio prima di divulgare il Dharma sotto forma di insegnamento e non certo perché non volesse coinvolgere l’umanità nella sua scoperta. Era molto lontano da questo pensiero che, del resto, è stato uno degli ultimi trabocchetti che Mara2 gli tese. Vedendo che tutte le tentazioni si scontravano contro una volontà implacabile, Mara cercò di distogliere il Buddha dallo scopo della sua ricerca. Suggerì, quindi, al Signore Buddha di tenere solo per sé ciò che aveva trovato e di non divulgarlo: il Buddha, beninteso, rifiutò una simile proposta. Perché quindi questa esitazione? Perché, nella sua Saggezza, si era reso conto di quanto l’Illuminazione raggiunta, che in fondo è l’estrema semplificazione del processo dell’essere, fosse difficile da acquisire e da comprendere dai complicati esseri umani, armati del loro intelletto.

Sapeva oggettivamente che se avesse diffuso questo Dharma, la maggior parte dell’umanità non lo avrebbe compreso o avrebbe rischiato di fraintenderlo. Per questo motivo il Buddha ha esitato a rendere pubblico l’insegnamento.

Ecco le parole attribuite al Buddha: “Scopro questa verità profonda, così difficile da percepire e da comprendere, che tranquillizza, che è sublime, che non può essere conquistata solo con l’intelletto ed è palese solo per il Saggio. Tuttavia il mondo si dà al piacere, è rapito dal piacere, ne viene incantato. In verità tali esseri comprendono con difficoltà la legge delle condizioni o della dipendenza dell’origine di tutte le cose. E ugualmente sarà per loro incomprensibile il fine di ogni formazione, l’abbandono di ogni elemento di rinascita, la sparizione del desiderio, il distacco, la cessazione, il Nirvana. Eppure, ci sono degli esseri i cui occhi non sono coperti che da una polvere leggera. Questi comprenderanno la verità”3.

Egli dunque sapeva per certo che il suo insegnamento sarebbe stato capito soltanto da “coloro i cui occhi non sono coperti che da una polvere leggera”. Ma il Buddha, nel suo Amore Profondo, non avrebbe potuto insegnare soltanto a loro il suo Dharma. Lo insegnò quindi a tutti, in una forma comprensibile sia exotericamente che esotericamente, ovvero tale da poter essere compresa da ciascuno a seconda delle proprie capacità. Ben sapendo che un insegnamento fortemente metafisico avrebbe allontanato le persone semplici ed avrebbe avvantaggiato un certo clero ermetico, come era accaduto nel caso delle credenze a lui precedenti che aveva cercato di far abolire, e ben sapendo che una dottrina che si rivolgesse unicamente alle facoltà intellettuali della gente avrebbe fatto piombare la massa in una ignoranza ancora più grande e li avrebbe obbligati a credere soltanto ai preti, il Buddha cercò di presentare il proprio insegnamento nella forma più semplice. L’intero suo insegnamento, da cima a fondo, si trova riassunto in quattro idee che vengono chiamate le Quattro Nobili Verità:

1. la Verità della Sofferenza

2. la Verità della Causa della Sofferenza

3. la Verità della Cessazione della Sofferenza

4. la Verità del cammino che porta alla Cessazione della Sofferenza.

Ecco tutto l’insegnamento del Signore Gautama, Buddha di Saggezza e di Compassione.

Semplice ed elementare, in apparenza. Tuttavia il Buddha ha detto: “O Discepoli, fintanto che il sapere e la visione profonda assolutamente veri riguardanti queste Quattro Nobili Verità non sono stati in me perfettamente chiari, ho dubitato per molto tempo di avere ottenuto questa Illuminazione suprema che non è superata da niente al mondo con I suoi esseri celesti, i suoi demoni e i suoi dei, né tra la schiera degli asceti, dei preti, degli esseri celesti e degli uomini. Ma quando il vero sapere e la visione limpida delle Quattro Nobili Verità mi diventarono perfettamente chiare, allora ebbi la certezza di aver ottenuto l’insuperata Illuminazione suprema”4.

Ecco il “vero sapere e la visione limpida riguardante le Nobili Verità” che sottintendono l’Illuminazione che ha conquistato il Buddha.

Egli le ha divulgate chiaramente in modo che ciascuno possa arrivare alla stessa Sua Illuminazione, perché ciascuno di noi è un Bodhisattva, ovvero “colui che diventerà un Buddha” e ciascuno di noi ha in sé la “Natura del Buddha”. Nell’enunciazione delle Quattro Nobili Verità, il Signore Buddha dichiarò nello stesso tempo la propria uguaglianza con tutti gli uomini. Disse loro come era arrivato a quella Illuminazione che aveva fatto di Lui il più grande istruttore dei mondi. Mise molta cura nel suo insegnamento, nel mettere questa realizzazione alla portata degli uomini. Ci ha mostrato il cammino, ma sta ad ognuno di noi il calpestarlo. Non si frapporrà mai come intermediario. E poi, intermediario di cosa? Non parlò mai di un Essere Onnipresente e Onnipotente: rifiutò sempre di rispondere a domande riguardanti Dio e i mondi superiori. “Perché volete misurare ciò che è incommensurabile?”.

Nella sua saggezza, evitò agli uomini delle tribolazioni mentali inutili. E di colpo, mise sulle loro spalle la responsabilità del loro proprio destino.

Ciascuno di noi diventerà un Buddha. Lui stesso ha realizzato in sé questo stato di Buddha comprendendo le Quattro Nobili Verità. Sta a ognuno di noi arrivare allo stesso risultato, ovvero di seguire lo stesso cammino che conduce alla realizzazione del proprio vero piano, ossia lo stato di Buddha.

Nessun dogma, nessuna metafisica, ma una filosofia oggettiva, realista. Non ha guarito infermi, non ha nemmeno resuscitato morti.

Mentre Egli cercava ancora la Verità, un giorno, una giovane donna, il cui figlio era appena morto a causa di un morso di serpente, gli mostrò piangendo il bambino e gli chiese di rianimarlo. Non lo rianimò, e non le spiegò nemmeno che era impossibile. Le disse: “Trova dei semi di senape nera; ma fai attenzione a non prenderli da una casa dove siano morti padre, madre, fratello, figlio o servo. Riuscirai se troverai tale seme”.

Quando la sfortunata madre, dopo aver cercato inutilmente quella casa felice, tornò dal Buddha per domandargli dove trovare il rimedio, il Benedetto Supremo le disse: “Sorella, cercando ciò che nessuno può trovare, tu hai trovato quel balsamo che ti volevo donare. Colui che hai amato, si è addormentato ieri nel sonno della morte sul tuo seno: oggi sai che tutto il mondo piange di un dolore simile al tuo… Ahimè! Io verserei il mio sangue, se questo potesse fermare le tue lacrime e mi svelasse il segreto della maledizione che fa dell’amore una causa d’angoscia e che, attraverso i pascoli fioriti, così come questi muti animali, conduce al sacrificio gli uomini loro padroni [l’asceta Gautama seguiva un gregge di 100 montoni da portare alla corte del re Bimbisara che voleva sacrificarli per guadagnare il favore degli dei per la sua gente]. Io cerco questo segreto; tu, seppellisci tuo figlio”5.

E il segreto che cercava non era né la liberazione personale, né l’acquisizione di poteri sovrumani, né le gioie celesti. Il suo spirito inquieto non poteva trovare pace né presso gli dei, né in soluzioni palliative. Ciò che voleva era trovare la soluzione di tutti i problemi, il rimedio a tutti i mali. Ora, la maggior parte degli uomini spera e crede di trovare questo rimedio con mezzi esteriori: mortificazioni, sacrifici, pratiche religiose…

Il Buddha aveva provato tutti questi rimedi: era vissuto in montagna tra gli asceti; aveva mortificato il suo corpo fin quasi al totale sfinimento.

“In quel tempo, un giorno, il Principe allo stremo delle forze, cadde al suolo in una stanchezza mortale, completamente sfinito, livido e inerte come un uomo assassinato che non respira più e il cui sangue ha cessato di circolare”.

Un paria lo rianimò. Egli non aveva ancora trovato ciò che cercava. E fu una piccola danzatrice che ad insegnargli la saggezza della via del Giusto Mezzo. Si rivolgeva ai suoi musicisti cantando: “La danza gioiosa comincia quando la cetra è accordata. Accorda per noi la cetra, né troppo alta, né troppo bassa e noi faremo fremere i cuori degli uomini.

La corda troppo tesa si spezza e la musica se ne va; la corda troppo lenta resta muta e la musica muore; accorda per noi la cetra… né troppo alta, né troppo bassa”. E il Buddha pensava: ‘I folli danno spesso lezioni ai saggi. Ho forse teso troppo la corda della mia vita volendo far intendere l’armonia che salverà gli uomini; i miei occhi sono offuscati, ora che vedono la verità; la mia forza è al termine, ora che ne avrei più bisogno…’”6.

E più tardi, raggiunta l’Illuminazione, raccomanderà sempre la giusta misura nella cura del corpo. “La mortificazione non porta alla conoscenza terrestre e nemmeno al trionfo dei sensi. Colui che riempie d’acqua la propria lanterna non dissiperà le tenebre, e colui che proverà a fare fuoco con legno umido non ci riuscirà”.

Non è attraverso questi sacrifici che si arriva all’Illuminazione. Tutto ciò che occorre è una vera comprensione delle cose. Ed è proprio ciò che viene insegnato nella quarta Nobile Verità, quella del cammino che conduce alla cessazione della sofferenza. Questo cammino si compone di otto tappe e da qui la denominazione di Ottuplice Sentiero.

Ecco le otto tappe: Retta Percezione (Visione), Retto Pensiero, Retta Parola, Retta Azione, Retto Modo di vivere, Retto Sforzo, Retta Presenza Mentale, Retta Concentrazione.

Ciò che si deve sottolineare è la giusta percezione che apre la visione. Il Signore Buddha, in tutto il suo insegnamento, insiste soprattutto sul “vedere le cose”. Non chiede mai di credere, ma di osservare, di analizzare le cose e i fatti per tirare poi personali conclusioni.

“Tutto ciò che, secondo la vostra esperienza e dopo un esame approfondito, si accorda con la vostra ragione, conduce alla vostra propria felicità e a quella di tutti gli altri esseri viventi: accettatela come verità e vivete di conseguenza”7.

Si tratta dunque, in primo luogo, di vedere le cose e di apprezzarne il giusto carattere. Poi (ugualmente importante) “vivere di conseguenza”. Troviamo qui uno degli aspetti più caratteristici dell’insegnamento del Buddha. Questa frase “vivere di conseguenza”, vuole dire: “Io ho cercato, ho trovato, ecco ciò che ho fatto. Anche voi cercate, e quando avrete trovato il giusto principio, applicatelo alla vostra vita, perché siete voi soli che potete farvi evolvere; nessuno può farlo per voi”.

Questa raccomandazione trova la sua concretizzazione più perfetta nell’enunciato della quinta tappa dell’Ottuplice Sentiero: il Retto Modo di Vivere. Troppo spesso ci accontentiamo di una ricerca intellettuale, di una comprensione “interiore” e dimentichiamo di esteriorizzarla nella vita di tutti i giorni. Eppure è questo atto decisivo che costituisce il ponte che conduce dal dominio delle “intenzioni” a quello delle “realizzazioni”. E solo dopo questa tappa decisiva si potranno affrontare gli ultimi gradini del Sentiero.

E per guidarci in questa visione di realizzazione, il Buddha ha riassunto tutto il suo insegnamento in questi tre versetti lapidari:

Evitate di fare il male

Fate il bene

Purificate i cuori

insegnamento, del resto, che non rivendica alcuna autorità ben visibile nel quarto versetto da Lui stesso aggiunto:

Questo è l’insegnamento dei Buddha.

Note:

1. La comunità dei monaci buddhisti. Quelli qui enunciati sono i Tre

Gioielli nei quali il buddhista prende rifugio (N.d.T).

2. Mara è il demone che tenta il Buddha. Simboleggia la morte della

vita spirituale (N.d.T).

3. Nyanatiloka, La parole du Bouddha, ed. A. Maisonneuve, Paris 1949.

4. Idem.

5. Sir Edwin Arnold, La Luce dell'Asia.

6. Idem.

7. J. Kasyapa, Le Dhamma du Bouddha, ed. Adyar, Parigi 1947.

Le Lotus Bleu, N.7/2008.

 Traduzione di Fabrizio Ferretti

 

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