|
|
|
|
|
Sulla reincarnazione
Di: Silvano Demarchi
Religione e filosofia
Da vari sondaggi effettuati risulta che la maggioranza degli
uomini sul nostro pianeta crede nella reincarnazione delle anime, credenza
quasi generale presso i popoli orientali e condivisa da buona parte degli
occidentali, pur appartenenti alle varie confessioni religiose che non
l’ammettono1.
Questa dottrina antichissima, passata dalla religione alla speculazione
filosofica, si è tramandata per varie vie fino a noi, consegnandosi alla scienza che ne studia i vari casi.
Nell’Antico Egitto le iscrizioni geroglifiche, i frammenti del Libro dei morti e dei libri di Ermete
presentano tutte le linee essenziali di tale dottrina. Uno dei passi più
notevoli dei libri di Ermete è il seguente: “Una
volta separate dal corpo e dopo aver lottato per conseguire la pietà, che consiste
nel conoscere Dio e non offendere nessuno, queste anime divengono pura
intelligenza. L’anima empia invece rimane nella sua assenza e si punisce
cercando un corpo umano in cui entrare, perché nessun altro corpo può ricevere
un’anima umana essa non può entrare nel corpo di un animale privo di ragione”2.
Da questo passo si evincono almeno due concetti: a) la
possibilità di un’esistenza separata dello spirito al decesso del corpo e la
sua conversione in pura intelligenza, capace di conoscere Dio e di essere in
pace con tutti; b) l’ingresso dello spirito non ancora purificato in un nuovo
corpo per proseguire il cammino di espiazione e di perfezionamento, esclusa la
possibilità di una regressione a forme di vita inferiori che sarebbe in contrasto
col piano evolutivo dell’individuo e dell’intera umanità.
Altro brano molto significativo è il seguente: “L’unico Reggitore disse alle anime: sapete
che fino a quando foste senza peccato, abitaste nei luoghi del cielo, ma ora che il biasimo è
sceso su di voi, siete condannate ad essere imprigionate nei corpi mortali e
dovete dimorare nelle regioni destinate a questi. In queste regioni il
Desiderio e la Necessità saranno i vostri padroni…”3. Come è facile intravvedere,
si ravvisano concordanze con il testo biblico per quanto riguarda la colpa
originaria e la conseguente caduta nel mondo e con la dottrina buddhista là dove
si accenna al desiderio che è causa di tutti i mali e la
Necessità che impone la ruota delle nascite.
Erodoto dà per scontato che presso gli egizi la credenza nella
reincarnazione fosse universalmente diffusa ed accettata.
In India la questione della reincarnazione è affrontata con
decisione ed esposta con ricchezza di particolari, tanto che probabilmente da
quella culla si diffuse in Occidente. Ecco cosa dice il Codice di Manu: “Considera attentamente le trasmigrazioni degli uomini, cagionate
dalle loro azioni colpevoli… lo spirito vitale che esce dal corpo per rinascere
nel grembo di una creatura umana… le sciagure che soffrono gli esseri animati a
cagione delle loro iniquità e la felicità inalterabile che invece provano nella
contemplazione dell’essere divino che conferisce ogni virtù”4.
Nella Bhagavad Gita,
il Vangelo universale, è scritto: “Come
per il corpo dell’anima incarnata vi è il sopraggiungere dell’infanzia, della
gioventù e della vecchiaia, così vi è per l’anima il prendere un altro corpo;
su questo punto il saggio non è perplesso”5. Viene precorso in nuce l’argomento dei contrari,
addotto da Socrate, per dimostrare l’immortalità dell’anima: dalla vita alla
morte e da questa nuovamente alla vita; il processo è continuo nel passaggio da
una condizione all’altra in diverse dimensioni di esistenza. E altrove: “Lo Yogi purificato dei suoi peccati, sforzandosi
grandemente, consegue la perfezione dopo molte vite e quindi raggiunge la meta
suprema”6 che è l’immedesimazione col Supremo, con cui
si sottrae al doloroso ciclo delle nascite. Per il buddhismo la reincarnazione
è un fatto pacifico e tale da poter essere confermato nella memoria ottenuta
con varie tecniche meditative: “Il monaco
purificato con mente chiara si dirige verso il ricordo ed il riconoscimento dei
suoi precedenti modi di esistenza, e richiama alla sua mente i suoi vari
destini delle vite precedenti”7 (Samanna palasutta). In Persia, dove vigeva la religione di
Zoroastro ed il testo sacro lasciatoci è lo Zend-Avesta,
si legge: “Coloro che soffrono dolore e
afflizione, soffrono a causa delle loro parole e azioni compiute in un corpo
precedente, per il quale il Sommo Giusto ora le punisce”8. Si
riconosce dunque la legge del karma
per cui ogni azione ha la sua necessaria conseguenza in positivo o in negativo,
in correlazione con le vite passate che altro non sono che dei periodi concessi
all’uomo per la sua purificazione: troppo breve sarebbe infatti l’arco d’una
sola vita a tale scopo, specie se dovesse essere troncata in tenera età. Karma e reincarnazione: due termini
strettamente connessi, a cui va ricondotta la spiegazione dell’eterno problema
del male che affligge l’uomo. Passando al pensiero occidentale, greco-ellenistico,
sappiamo che la filosofia greca si è alimentata del pensiero orientale arrivato
per varie vie (soprattutto la religione dei misteri), pur assumendo una sua
autonoma configurazione tipicamente razionalistica e che Pitagora fu il primo
grande maestro ed assertore di tale dottrina. Di lui riferisce Diogene Laerzio:
“Si narra che Pitagora è stato il primo
presso i greci ad insegnare che l’anima deve passare per il ‘cerchio delle
necessità’ e che veniva legata in vari
tempi a diversi corpi viventi…”9.
Platone parla chiaramente della reincarnazione come supporto
della conoscenza, stabilendo una stretta correlazione tra sapere e ricordare,
per cui il conoscere non è che ricordare le eterne idee contemplate in una vita
precedente di puro spirito e richiamate ora alla mente dalla visione delle
cose, pallide ed imperfette sembianze delle idee che mai le riproducono nella
loro assolutezza. “È inevitabile - dice
il Filosofo - che le conoscenze esatte di
tutti questi predicati (dell’essere) siano già state acquisite prima di nascere”
(Pedone, 75 d). L’uomo, ancora, essendo
nella parte spirituale di origine divina, dopo la morte del corpo torna alla
patria celeste, cioè “va verso l’elemento
che le assomiglia, l’elemento invisibile, non solo, ma anche il divino elemento,
senza morte ed intelligente; s’allontana e una volta pervenuta (l’anima buona)
è concesso a lei di essere felice” (id.,
81 a). Queste idee trovano sviluppo in tutta la filosofia ellenistica con
Plotino, Pilone, Giamblico, Proclo. Plotino nelle Enneadi afferma: “… è una
credenza universalmente ammessa che l’anima che ha commesso peccati li espia,
subendo una punizione nel mondo invisibile e poi passa in nuovi corpi”10,
e si sa che fondamento della sua dottrina è la discesa dello spirito nella
materia. Pilone d’Alessandria, che ha cercato di conciliare la religione
giudaica con il platonismo, osserva: “Le anime
disincarnate sono distribuite in vari ordini. Il dovere per alcune di queste è
di entrare in corpi mortali e dopo un certo tempo sono nuovamente libere.
Quelle dotate di una natura più divina sono sciolte dai vincoli terreni”11.
Tale evidenza passa nel mondo latino dove Cicerone scrive nel De Senectute: “Per quanto riguarda l’origine eterna delle anime, io non vedo che se
ne possa dubitare, se è vero che gli uomini vengono al mondo dotati di un gran
numero di nozioni. Ora un segno che ciò è così, consiste nella facoltà e nella
prontezza con la quale i bambini imparano le arti più difficili, nelle quali vi
è un’infinità di cose da comprendere, ciò che fa credere che esse
non riescano affatto nuove e che con l’insegnarle loro non si faccia altro che
richiamarle alla loro memoria è ciò che ci insegna il divino Platone…”12.
È forse questa sul piano filosofico la spiegazione più
convincente delle idee innate che ci consentono la conoscenza, nel fanciullo
abbastanza rapida, degli aspetti universali delle singole cose, idee che
presuppongono una preesistenza dell’anima e quindi dell’anima stessa. Superfluo
riportare i numerosi passi dei poeti, greci e latini, come Plutarco, Ovidio e
Virgilio e tanti altri che esprimono questa ferma convinzione con la
suggestione propria della grande poesia.
Venendo a considerare la cultura giudaico-cristiana,
la credenza reincarnazionistica era diffusa più di quanto si creda. Nello Zohar, massima opera della mistica
ebraica, d’incerta datazione, è scritto: “Fino
a quando l’uomo non si redime con la legge divina, che è l’unico mezzo per
ottenere la liberazione, ritornerà alle nascite fisiche”13.
Nell’Antico
Testamento Malachia, riferendo il pensiero divino che lo ispira, profetizza:
“Ecco io vi invierò il profeta Elia prima
che giunga il giorno grande e terribile del Signore”14. Questa figura tornerà
spesso nel Vangelo come persona (non
come messaggio!) che deve incarnarsi di nuovo. Quando Gesù chiede ai discepoli:
“Chi credete che io sia?”, essi rispondono:
“Alcuni dicono che sei Giovanni Battista,
altri Elia ed altri Geremia o uno dei Profeti” (Mt. XVI, 13-14). Solo un grande personaggio del passato poteva
reincarnarsi in Gesù, il Messia. Ma il passo più clamoroso è il seguente,
perché non rispecchia l’opinione del popolo o degli apostoli, che poteva essere
errata, dello stesso Messia: “Ma io vi
dico che Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto, allora i discepoli compresero
che aveva parlato di Giovanni Battista” (Mt. 15, 10-15). Un’altra espressione precisa di Gesù, che toglie
ogni dubbio, è la seguente: “Tutti i
profeti e la legge hanno profetato fino a Giovanni e se volete accettarlo, egli
è quell’Elia che doveva venire” (Mt.
11, 13-14). Vi è poi l’episodio del nato cieco, riferito da Giovanni: “E mentre passava, vide un uomo cieco dalla
nascita. E i suoi discepoli gli chiesero: ‘Maestro, chi ha peccato, quest’uomo
o i suoi genitori?’” (Gv. 9, 1-3).
La domanda implicava due possibilità: che il nato cieco
scontasse le colpe dei padri secondo una tradizione ebraica, o le proprie,
compiute evidentemente in una vita precedente, essendo nato cieco. Gesù non
scarta queste due possibilità, ma ne espone una terza: “Né quest’uomo, né i suoi genitori hanno peccato, ma è così perché si
manifestino le opere di Dio”. Nella frase “né quest’uomo” è implicita l’ammissione di peccare in una vita precedente
all’attuale, anche se non ha conseguenze karmiche, perché la malattia o la
menomazione fisica sono solo prove che Dio manda per accelerare l’evoluzione di
un’anima, ossia “affinché si manifestino
le opere di Dio”. In molti passi biblici si parla di “resurrezione nella carne” e in altri “della carne”: nel
primo caso è chiara l’idea reincarnazionistica, a cui credevano i farisei
contro i sadducei materialisti, come dimostra l’espressione rivolta al cieco
che annuncia il suo miracolo: “Tu sei
venuto al mondo ricoperto di peccati e vuoi farci da maestro” (Gv. 9, 34). Si tratta di peccati
evidentemente commessi prima di nascere.
Questa tradizione del pensiero giudaico-cristiano ha continuato
a vivere nell’ambiente dei primi cristiani. La maggior parte dei Padri della
Chiesa aveva accettato la preesistenza dell’anima e la reincarnazione come
spiegazione del peccato originale e della altrimenti inspiegabile
disuguaglianza di condizioni di sofferenza tra gli uomini, come necessità di
una purificazione per la salvezza.
Lo studioso francese Edmond Bertholet nel suo libro Reincarnation riporta alcuni brani
significativi. Eccone alcuni… san Giustino: “Alcune
anime che si credono indegne di vedere Dio a seguito delle loro azioni durante
le reincarnazioni terrene, riprenderanno i corpi”; san Gerolamo: “Non conviene si parli troppo delle
rinascite, perché le masse non sono in grado di comprenderle”; san Gregorio
di Nissa nel Grand discours catéchetique:
“L’anima immortale deve essere risanata e
purificata, se non in questa vita terrestre, nelle vite future e successive”.
A questi santi si aggiungono san Clemente Alessandrino, il quale afferma che
tale dottrina, autorizzata da san Paolo, è “una
tradizione divina”, sant’Ilario, gli scrittori ecclesiastici Arnobio, Rufino
d’Aquileia, Lattanzio, detto “il Cicerone
cristiano”, il quale sosteneva che l’anima poteva essere immortale solo se
preesisteva e quindi si calava in vite successive, e molti altri. Il maestro ed
il massimo assertore di questa dottrina sembra sia stato Origene che in molti
scritti la sostenne (accanto alla preesistenza dell’anima ed all’inesistenza di
pene eterne), il quale in un suo pensiero testualmente dice: “In quanto a sapere perché l’anima ubbidisce
talvolta al male, talvolta al bene bisogna cercare le cause in una nascita anteriore
alla nascita corporea attuale”15.
Sant’Agostino infine si pone quest’accorata domanda: “Non ho vissuto in un altro corpo prima di
entrare nel seno di mia madre? Quando, Signore; io ho peccato, quand’ero nell’utero
di mia madre o prima ch’io fossi?”16. Nonostante il pensiero di tanti
teologi e di santi nel Concilio di Costantinopoli del 553 d.C., una parte dei
vescovi ortodossi (a tale Concilio non partecipò l’allora Papa Virginio)
condanna tale teoria con questa frase: “Se
qualcuno afferma la fantastica dottrina della preesistenza delle anime e la
mostruosa restaurazione (id est: reincarnazione)
a lui anatema!”.
Nel clima di paura e di superstizione che regnò nei secoli
successivi, questo insegnamento si conservò nelle sette segrete, talora
ereticali, come Catari ed Albigesi, ma non fu più apertamente divulgato e
approfondito. Tuttavia Scoto Eurigena, l’isolato filosofo irlandese, fu fautore
della predetta dottrina, san Tomaso l’ammette in un solo caso, quello di Traiano
imperatore, richiamato in vita dalle preghiere di Papa Gregorio di cui anche
Dante parla diffusamente (Par. XX,
106-117).
Nel Rinascimento risorsero gli studi intorno a
Platone ed al Neoplatonismo che ebbero come centro l’“Accademia platonica”, fondata da Gemisto Pletone e che ebbe come
massimo rappresentante Marsilio Ficino, per cui si
venne a contatto diretto con questa millenaria dottrina che ha avuto tanto celebri
fautori. Gemisto Pletone scrive a tale riguardo: “Legata (l’anima) all’involucro mortale viene inviata ora in un corpo e
poi in un altro, in virtù dell’armonia universale, affinché l’unione
dell’elemento mortale con quello immortale della natura
umana possa contribuire all’unità del Tutto”17.
Giordano
Bruno osserva: “Sappilo, quando con l’età
la fiamma di vita si spegne
ed il corpo torna in polvere, l’anima non
cessa di vivere; essa cambia la sua abitazione distrutta con una nuova ove continuerà
a lavorare”18. Dal canto suo
Spinoza, ponendosi il problema della memoria: “… benché non ricordiamo che siamo esistiti prima del corpo, tuttavia
abbiamo la percezione che la nostra mente è eterna”19.
David Hume è molto esplicito e sottile nel suo ragionamento: “… se noi ragioniamo, il semplice buon senso
ci dice che ciò che è incorruttibile deve essere ingenerabile, quindi se
l’anima è immortale è perché esisteva prima della nascita… la metempsicosi
è dunque, nel suo genere, il solo sistema al quale la filosofia possa prestare
attenzione”20. Grande diffusione
ebbe in Germania nel Sette e Ottocento la dottrina della reincarnazione,
seguita da poeti e filosofi. Goethe scrive: “L’anima
dell’uomo/ è come l’acqua:/ proviene dal cielo/ e al cielo ritorna./ Da qui
nuovamente deve ritornare alla terra/ sempre mutandosi…”.
Herder: “… io sono un difensore
della metempsicosi… e non riesco a comprendere come si posta negare questa
ipotesi che sembra avere in suo favore l’analogia di tutto il creato”21.
Schopenhauer, riprendendo un’immagine della Bhagavad Gita: “Quando si
muore, si getta via la nostra individualità, come un abito logoro e siamo
felici perché ne riceviamo uno nuovo e migliore”22. Nietzsche,
nella sua teoria degli eterni ritorni, fa dire a Zarathustra: “La mia dottrina è: vivi in modo da
desiderare di vivere di nuovo - questo è il tuo dovere, perché in ogni caso
vivrai di nuovo!… Tutto va e tutto torna: eternamente volge la ruota
dell’esistenza… Sappiamo che tu insegni che tutte le cose eternamente ritornano
e noi con loro e che noi siamo esistiti innumerevoli volte…”23.
La reincarnazione in questi pensatori si inserisce in un quadro universale,
cosmico, per cui tutti gli esseri muoiono e rinascono, esattamente come si
verifica in natura, visibilmente nel mondo vegetale, per cui sarebbe assurdo
pensare che l’uomo possa sottrarsi a questa legge. In Italia Giuseppe Mazzini
ne è il grande assertore: “D’iniziazione
in iniziazione, attraverso la serie delle sue incarnazioni successive, essa (l’anima)
purifica e amplia la formula del sacrificio”… “Noi crediamo in una serie infinita di reincarnazioni dell’anima, di
vita in vita, di mondo in mondo, ciascuna delle quali rappresenta un miglioramento
ulteriore…”24.
L’antica dottrina reincarnazionista diverrà poi la base sia del
movimento spiritico, sorto per opera di Allan Kardeck, che della Teosofia, nata
dalla collaborazione di Blavatsky e Olcott: due movimenti spiritualisti che
intendevano combattere con diversi metodi il materialismo ed il positivismo,
dominanti nel XIX secolo, a cui più tardi la filosofia di Bergson e
dell’Idealismo diedero il colpo di grazia. Come si vede, dall’antichità ad oggi
grandissimi pensatori, filosofi e letterati, hanno condiviso l’antica dottrina,
che viene sovente derisa dal volgo profano ed intendiamo designare con tale
nome tutte quelle persone che tengono un atteggiamento preconcetto di facile
condanna od esclusione. In questa collezione di brani, che il prof. E. Bratina
pazientemente ha raccolto nel suo libro più volte citato, da cui abbiamo preso
la maggior parte delle citazioni, si possono enucleare alcuni fondamentali
concetti:
a)
la necessaria purificazione dell’anima
attraverso vite successive, essendo troppo breve a tale scopo lo spazio di una
sola esistenza, specie se prematuramente stroncata;
b)
la trasmigrazione in esseri umani e non
animali perché in tal
caso
si interromperebbe il cammino evolutivo dell’uomo;
c)
il parallelismo tra l’evoluzione biologica e
spirituale: come le specie si sono evolute, così anche le anime debbono seguire
la stessa legge; come in natura si passa dalla vita alla morte e di nuovo alla
vita, attraverso varie trasformazione, così deve essere per l’uomo;
d)
non è ragionevole parlare di immortalità
dell’anima, se non si ammette la sua preesistenza e dell’immortalità noi
abbiamo la percezione immediata (Hume), mentre la preesistenza è dimostrata
dalle strutture conoscitive innate e dall’apriori della nostra conoscenza (Platone);
e)
tutto precede da una Fonte originaria e tutto
ad essa ritorna in un processo circolare (Plotino) o secondo la legge
dell’eterno ritorno (Nietzsche);
f)
secondo la legge retributiva del karma, solo con la reincarnazione si può
spiegare l’eterno problema del male e del dolore, che altro non è che un’espiazione
necessaria delle colpe passate (religioni orientali) o una prova per accelerare
il cammino evolutivo dell’uomo (Gesù);
g)
solo un’anima completamente purificata e
giunta alla perfezione può sottrarsi al doloroso ciclo delle nascite (samsara) ed entrare nel nirvana, oppure ritornare al mondo con
tutte le perfezioni acquisite per il bene dell’umanità (buddhismo);
h)
i casi di fanciulli prodigio o di alte
personalità che hanno segnato la storia per le loro virtù morali, si spiegano
solo con i gradi di perfezione raggiunti in esistenze precedenti.
Questo excursus del pensiero non esclude la credenza nella reincarnazione in popoli che non hanno dato scrittori che ne parlassero, come i druidi della Gallia, di cui parla Cesare seguito da altri storici, i celti dell’Inghilterra. Si tratta dunque di una tradizione consistente, scritta e orale, di durata millenaria che, come tale, non può avere le connotazioni di essere campata in aria, ma deve avere avuto almeno alle origini un fondamento in fatti realmente avvenuti. L’antica sapienza, osservava Mircea Eliade, aveva a portata di mano la soluzione degli eterni problemi che agitano l’animo umano, sapienza che poi è andata via via smarrendosi o conservandosi in cerchie ristrette.
La scienza
Da qualche decennio la scienza si è impossessata del
problema, cogliendone il nodo, andando al cuore della “vexata quaestio” che è rappresentata dalla memoria. È opinione
comune che non avendo memoria delle vite precedenti, non vi è alcun motivo per
crederci.
A tale argomento si può
rispondere osservando che: a) nella normalità dei casi ben poco ricordiamo
dell’infanzia e nulla dei primi due o tre anni di vita, eppure questa età è
stata vissuta; b) iniziare una nuova vita con il bagaglio delle passate
esistenze sarebbe oltremodo traumatico e condizionante, occorre iniziare da
zero; c) non tutte le esperienze concrete lasciano traccia nella parte più
spirituale di noi, nell’Ego che si reincarna e va distinto dall’io empirico o
personalità, ma solo quelle ad esso consentanee o particolarmente incidenti,
come avviene anche nella memoria del vissuto quotidiano; d) non è affatto vero
che non esistano casi di ricordo di passate esistenze, che anzi si contano a
migliaia, pur rientrando in una casistica di fatti anomali e si tratta di
ricordi spontanei in bambini dai 4 agli 8 anni, o di memoria indotta mediante
tecniche psicologiche (v. monaci buddhisti) o per ipnosi, o infine per fatti
traumatici ed accidentali, come vedremo. J. Stevenson, docente di psichiatria
in un’Università della Virginia, nel suo bestseller Reincarnazione (20 casi a sostegno) dichiarava nella prefazione del
1976 di aver raccolto ben 1300 casi (di cui i 20 riportati erano quelli esemplari
nella loro diversità) e nella successiva edizione di aver superato i 4.000. Molti di essi, scriveva l’Autore: “Certamente suffragano in forma piuttosto decisiva che la
reincarnazione sia la migliore spiegazione”, e più oltre: “Io ritengo che la reincarnazione sia
l’ipotesi più plausibile per comprendere i fenomeni di questo genere”25. I racconti che
testimoniano esperienze compiute nelle vite passate, come il riconoscimento
attuale di oggetti e persone, ricordi di morti violente, identificazione di
qualche persona defunta, ecc. furono raccolti da tutte le parti del mondo, ma
in particolare dall’India, dal Medioriente, dall’Alaska e tra gli spiritisti
del Brasile, in regioni dove detta credenza risultava maggiormente diffusa e
radicata. In molti casi si tratta di racconti sconvolgenti di bambini che
furono verificati da ricercatori ed autorità che per la loro posizione ed
estraneità ai fatti non potevano essere sospettati di trucchi e manipolazioni26.
In una delle prefazioni del predetto libro (che ha avuto molte edizioni) è
scritto che se le prove dovessero divenire più evidenti e maggiormente documentate,
si potrebbero spiegare tante fobie infantili che non possono trovare
spiegazione nelle prime esperienze, ma sarebbero derivate da fatti accaduti in
esistenze precedenti. Si potrebbero ancora spiegare, aggiungono i fautori di
tale dottrina, i casi di fanciulli-prodigio come Mozart, che all’età di otto
anni conosceva la musica alla guisa di un consumato direttore d’orchestra. Il
metodo seguito dal Dr. Stevenson e dalla sua equipe è rigorosamente
scientifico: basti leggere le tabelle finali suddivise nelle seguenti voci:
dichiarazioni, informatori, verifica, commento. Ogni documentazione viene
vagliata con spietato senso critico ed inquadrata in determinate schede. “La ricerca sui casi di tipo reincarnazionistico
- scrive Jean Stevenson - è ‘scienza
pura’ sostenuta dal convincimento che il
concetto di reincarnazione possa offrire una terza dimensione della personalità
umana… Nella misura in cui i casi studiati suffragano l’interpretazione della
reincarnazione, essi indicano che almeno una parte della personalità umana
sopravvive alla morte fisica e se così è, sarà ovvio per tutti vederne le
conseguenze”27.
Gli scienziati (o ricercatori scientifici) a questo proposito
parlano di memoria extracerebrale (E.С.M.)
per la quale i soggetti hanno ricordi di persone, luoghi e fatti accaduti
quando non erano e quindi non potevano immagazzinarli nella memoria cerebrale, ma
che ora sono in grado di riconoscere ed identificare obbiettivamente. Non vi
sono soltanto le testimonianze dei bambini, in cui la memoria è ancora vergine,
per i quali Jung ebbe a dire che “la
psiche del bambino nel suo stato preconscio è tutt’altro che una ‘tabula
rasa’, è invece già preformata in modo
individuale e in più dotata di tutti gli istinti specificamente umani”28. Vi sono i casi
sorprendenti di xenoglossia о alloglossia spontanea
in cui dal subconscio emerge una lingua con tutto il suo sistema sintattico,
grammaticale e lessicale che non può essere stato appreso che in una vita
anteriore all’attuale. Di questi parla ogni tanto la stampa: persone che un bel
mattino si svegliano e si trovano a parlare il greco antico e raccontano di
essere state qualche personaggio, anche di poca importanza, oppure - fatti
accaduti - la lingua veneziana all’epoca del Goldoni. Analoghi fenomeni
avvengono per regressione della memoria sotto ipnosi, non più spontanei, quindi,
ma indotti, per cui il soggetto parla una lingua antica a lui sconosciuta,
riferendo dettagli della sua passata esistenza e di condizioni storiche
riconoscibili. All’Università di Jaipur in India si è
costituito un Istituto per questo tipo di ricerche, il quale ha distinto i casi
di memoria
extracerebrale, о E.C.M. in 14 gruppi.
Ne segnaliamo alcuni tra i più significativi: 1) casi in cui si accerta una
perfetta identità con una persona premorta della stessa famiglia; 2) casi in cui il soggetto reca sul suo corpo segni
caratteristici sin dalla nascita, come cicatrici о voglie
che i familiari riconoscono di aver viste in parenti (o conoscenti) e che
spesso corrispondono a ferite avute in quei punti; 3) casi di reincarnazione
semplice in cui il soggetto ricorda persone, luoghi e circostanze ed è in grado
di identificarli; 4) casi di memoria prodigiosa e ripetizione di testi antichi
in una lingua sconosciuta al soggetto e mai appresa nell’attuale esistenza (è il caso della bambina indiana che cantava in
bengalese); 5) casi in cui i soggetti ipnotizzati possono ricordare la loro
precedente esistenza e fornire prove, a tutti ignote, e successivamente
accertate; 6) casi di memoria indotta con normali metodi psicologici (libere associazioni)
o tecniche yoga che fanno ricordare
le precedenti vite; 7) fenomeni di bambini prodigio che dimostrano di possedere
attitudini e tecniche proprie di artisti consumati, che come tali rinviano a passate
esperienze; 8) profonde differenze morali ed intellettuali tra i membri di una
stessa famiglia, figli degli stessi genitori e cresciuti nello stesso ambiente,
che quindi rimandano ad esperienze anteriori.
Da questi fatti ed episodi (a tale riguardo si legga la nota 26) sorgono alcuni problemi ed alcune obiezioni a cui è necessario rispondere.
Che cos’è che si reincarna?
Ciò che si reincarna è il Sé superiore o Io interiore o Ego, cioè la parte più spirituale, costituita dalla triade superiore del nostro essere e non già l’io empirico, psicofisico e personale che l’uomo si costruisce durante la vita ed è come una maschera (dal lat. “persona”) per recitare sul palcoscenico della vita la propria parte. Questo è destinato a dissolversi con il corpo fisico, eterico ed astrale e nulla più rimane della sua memoria, ma diversa è la situazione del vero Io o Sé superiore che non più cointeressato con la memoria cerebrale, destinata a scomparire, tuttavia ricorda le cose ad esso congeniali o di grave incidenza del vissuto. Ecco cosa scrive il prof. Bratina circa il ritirarsi ed il ritornare alla vita di questa particella eterna o scintilla di divinità che è in noi: “Ciò che rimane stabilmente nell’uomo è il senso della sua identità (Ego o Sé superiore) il quale assimila le esperienze della vita. Questo nucleo permanente in noi, come un elettromagnete, coordina gli elementi atti ad esprimere le funzioni del suo essere e quando per impatto dei cicli cosmici cessa il ciclo vitale, esso si ritira in latenza, mentre gli strumenti delle sue funzioni (mentali, emozionali, eteriche e fisiche) gradualmente si disintegrano. Al ristabilimento delle condizioni adatte, l’Ego ricostruisce gradualmente gli strumenti per la sua espressione formando la matrice eterica (campo morfogenetico) la quale coordinerà nuovamente le cellule del corpo fisico, come risultante delle forze psicofisiche generate nel passato dalla stessa personalità”29.
Quali prove empiriche esistono della reincarnazione?
Accanto a quelle spontanee già ricordate ed enunciate da J. Stevenson in varie pubblicazioni ed in rapporti clinici, vi sono quelle del Prof. Sodaro dell’Università di Roma, che ne ha dato dimostrazioni televisive e di ricercatori svizzeri (ma anche di altri paesi) che portano il paziente sotto ipnosi a ricordare fatti delle vite passate particolarmente incisivi, come morti violente, proseguendo una tecnica che era iniziata nel secolo scorso con il Dr. De Rochas e che aveva destato tanto scalpore. Ma non solo con l’ipnosi, anche con altre tecniche psicologiche si può pervenire alla regressione della memoria, facendo rivivere esperienze traumatiche non rintracciabili nell’attuale esistenza, ma in vite passate, ottenendo così la remissione delle turbe stesse e risulta che questo metodo sia seguito da alcuni psichiatri. È questa una prova ulteriore dell’esistenza permanente di uno stesso Ego in corpi diversi e del nesso causale tra il passato ed il presente, che spiega anche l’azione purificatrice del karma.
Quanto è lungo il tempo di attesa tra un’incarnazione e l’altra?
Si dice che oscilli da alcuni giorni, soprattutto per le morti precoci o accidentali, ad alcuni secoli.
Che cosa fa l’Ego tra un’incarnazione e l’altra?
Scrive con la sua consueta chiarezza Annie Besant: “L’Ego, rientrando per così dire in se stesso, cessa di estrinsecare le sue energie sul piano fisico e rivolgendole tutte alle attività interne, riesaminando il cumulo delle esperienze raccolte, la messe della vita terrena appena finita, separandole e classificandole, assimilando ciò che è suscettibile di essere assimilato, scartando ciò che è sterile ed inutile… Come un lavorante può andare a raccogliere i materiali per il suo lavoro… così il Pensatore, avendo raccolta la sua scorta di materiali nelle esperienze della vita, deve tesserle nella tela della sua esistenza nei millenni”30. L’insegnamento teosofico a questo riguardo non si discosta da quello delle religioni storiche.
Che cosa spinge l’Ego (Io interiore) o Sé superiore a scegliersi una data razza e nazione, area geografica e famiglia in cui rinascere?
Annie Besant cosi risponde: “È la legge del karma che lo guida infallibilmente verso la razza e la nazione nelle quali si troveranno le caratteristiche generali, che produrranno un corpo e provvederanno un ambiente sociale adatto per la manifestazione del carattere generale, costruitosi dall’Ego nelle precedenti vite terrene e per il raccolto dei frutti che egli ha seminato”31.
Se il numero degli Ego è fisso, come si spiega l’aumento della popolazione sul nostro pianeta?
Si osserva a questo proposito che il numero degli Ego fuori incarnazione è di molto superiore a quello di coloro che sono entrati nella carne: vi sono sempre un’entrata e un’uscita sulla scena del mondo che non sono da considerarsi equipollenti; vi sono periodi di maggiore e di minore densità.
Quando iniziò l’incarnazione del principio spirituale che permise all’animale di diventare uomo, dando luogo alle innumerevoli trasmigrazioni?
Nessuno ha saputo dire con esattezza quanti milioni di anni fa comparve l’homo sapiens, ma è certo che da quel momento in cui entrò nell’animale-uomo la scintilla divina, continuò a progredire, a differenza degli animali che, rimanendo stazionari, ripetono da millenni le stesse azioni. Quando il corpo giunse a un certo stadio di evoluzione e fu capace di accogliere lo spirito, offrendogli gli strumenti per la sua espressione ed evoluzione (forse per espiare una colpa originaria), allora lo spirito scese nella materia. E questo è il principio di tutte le religioni. Ne Le stanze di Dzyan è scritto: “I Figli della sapienza, i Figli della Notte, pronti per la rinascita, discesero… la terza (razza) era pronta. In questa noi dimoreremo… dissero”.
Alla fine del ciclo si reincarnano tutte le anime?
Secondo le religioni orientali, particolarmente il buddhismo, l’anima completamente purificata si sottrae al ciclo delle nascite, entrando nel nirvana, ma può decidere di tornare al mondo (bodhisatthva) se è richiesta la sua presenza per il bene dell’umanità. Sta di fatto che ogni tanto vediamo comparire uomini di così alta spiritualità e perfezione morale che non possono averla acquisita in questa vita, ma che è corredo preesistente: san Francesco e Gandhi bastano a dimostrarlo.
Vi sono altre ipotesi alternative che spiegano i fenomeni su cui si basa la teoria reincarnazionistica?
Lasciando da parte certe ipotesi come “fantasia, frode inconscia, paramnesia” che, come rileva Bratina, “non sono ammissibili di fronte alle prove concrete, come deformazioni fisiche congenite di cui si può dimostrare che furono subite dal soggetto in una vita precedente e si hanno reperti clinici, prove testimoniali, dati storici ecc.”32 Restano da prendere in considerazione due fondamentali supposizioni: la memoria ereditaria collettiva e la telepatia o veggenza. A questo proposito E. Bratina osserva: “Per quanto riguarda la memoria genetica o del subconscio collettivo potrebbe avere qualche fondamento qualora il soggetto ricordasse eventi di carattere collettivo come inondazioni, terremoti, guerre, ecc., ma in quasi la totalità dei casi il soggetto ricorda situazioni drammatiche vissute in prima persona. Vi è infine l’ipotesi della veggenza o telepatia, ma come è risaputo queste proprietà possono dare soltanto dati frammentari, occasionali, non già una storia coerente con molti particolari”.
Concludiamo così
questo studio che raccoglie una gran messe di argomenti in favore della
dottrina della reincarnazione, forniti dalle religioni, dalle filosofie e dalla
scienza. Avendo bisogno di prove concrete per dimostrare l’assunto, si attende
che la scienza divulghi quelle già in suo possesso ed altre ancora ne fornisca.
Note: (attenzione: MANCA LA NOTA 10 NEL TESTO).
1) In un sondaggio effettuato intorno al 1970 dall’Istituto statistico francese, risultò che “mediamente il 20% dei popoli occidentali crede nella reincarnazione, ciò che corrisponde a 300 milioni, mentre tale credenza è quasi generale presso i popoli orientali”. Vittorio Messori in Scommessa sulla morte (Torino, SEI, 1982, pag. 8) rileva che “un quarto dei battezzati dei paesi occidentali è convinto della possibilità di una qualche reincarnazione; nelle nazioni più avanzate si arriva addirittura a più della metà dei battezzati, se ai ‘sì’ si aggiungono i ‘non so’. Se dunque sommiamo ai ‘cristiani’ i seguaci delle religioni orientali, per tutte le quali l’ipotesi reincarnazionista è essenziale… la reincarnazione delle anime è l’attesa condivisa dalla maggioranza degli uomini” cfr. pag. 91.
2) Da La Reincarnazione, documentata dalla religione, filosofia e scienza, di Edoardo Bratina, Trieste, 1972, pag. 14.
3) Ibid., pag. 15.
4) Ibid., pag. 21.
5) Bhagavad Gita, C., II, 13.
6) Ibid., C., VI, 45.
7) E. Bratina, op. cit., pag. 25.
8) Ibid., pag. 26.
9) Ibid., pag. 27.
10) Ibid., pag. 34.
11) Ibid., pag. 37.
12) Ibid., pag. 32.
13) Ibid., pag. 45.
14) Ibid., pag. 46.
15) Edmond Bertholet, La Reincarnation, Paris, 1972.
16) Agostino, Le Confessioni, 1/6.
17) E. Bratina, op. cit., pag. 61.
18) Ibid., pag. 62.
19) Ibid., pag. 62.
20) Ibid., pagg. 63-64.
21) Ibid., pag. 67.
22) Ibid., pag. 68.
23) Ibid., pag. 68.
24) Ibid., pagg. 69-70.
25) J. Stevenson, Reincarnazione (20 casi a sostegno), Milano Ed. Armenia, 1975, pag. 5.
26) Ibid., riportiamo alcuni casi che ci sono parsi particolarmente interessanti: Guantilleka: dopo i due anni incomincia a parlare di essere appartenuto ad un’altra famiglia e descrive i luoghi di una città vicina. Recatisi sul posto, il bambino riconosce i luoghi, anche se la casa era stata abbattuta, ritrova la famiglia in cui vorrebbe tornare a vivere. Wijeratan: nato con un arto deformato. A tre anni dice che quel difetto fisico gli era stato dato perché aveva ucciso sua moglie e ne fornisce i dati assieme a quelli dell’uccisore che era stato giustiziato. Gli atti del processo corrispondono alle descrizioni fatte dal fanciullo e già il padre aveva riconosciuto in lui delle somiglianze fisiche col fratello uccisore della moglie. Swamlata: la bambina canta e danza secondo i costumi bengalesi. Vengono chiamati degli esperti che riconoscono il tipo di danza bengalese ed i versi cantati come i versi di Tagore e di canti popolari di quella regione; la bambina non era mai stata in quei paesi e neppure i suoi familiari, né conosceva il bengalese.
27) Ibid., pag. 8.
28) C.G. Jung, Ricordi, Milano, Ed. Saggiatore, 1972, pag. 386.
29) E. Bratina, Rivista Italiana di Teosofia, Trieste, pag.6.
30) Annie Besant, Rincarnazione, Trieste, 1984, pagg. 43-44.
31) Ibid., pag. 46.
32) E. Bratina, Rivista Italiana di Teosofia, Trieste, pag.10.
33) Ibid., pag. 11.
|