L’armonia religiosa: una necessità del XXI secolo

 Di: Samdhong Rinpoche

 

Vorrei iniziare innanzitutto col congratularmi con tutti i membri della Società Teosofica Finlandese in occasione di questo centenario. Poiché festeggiamo il centesimo anniversario della Sezione Finlandese, è anche un giorno che riempie di orgoglio la stessa Società Teosofica, dalla quale proviene e che ha attraversato più di un secolo e un quarto di esistenza riuscendo a mantenere un numero stabile di adesioni. La Società ha in effetti compiuto un lungo cammino dalla sua creazione nel 1875. La nozione o piuttosto le nozioni di Teosofia sono state ampiamente riconosciute nel mondo – fino nei luoghi più remoti – grazie alla loro universalità. Promuovendo lo studio delle tradizioni religiose, da allora la Società ha dato all’umanità tutto lo slancio necessario alla ricerca della Verità al fine di poter accedere a questa e ciò facendo, ha contribuito a realizzare l’unità di tutti gli esseri: il fatto di essere tutti legati gli uni agli altri e che ognuno sia una parte dell’insieme.

Ogni grande tradizione religiosa presente su questa terra tenta di mostrare il cammino per raggiungere questa Verità estrema, esito della ricerca degli esseri umani sul senso della vita, problematica sempre presente nella mente umana da tempi immemorabili e che continuerà ad esserlo. La religione, in un certo senso, costituisce questo veicolo o questo mezzo capace di condurre verso la comprensione della Verità Ultima, un’attitudine a vedere le cose quali sono senza alcuna alterazione.

Così le religioni giocano un ruolo importante sviluppando l’evoluzione spirituale dell’umanità. Di fronte alla diversità dei gruppi umani presenti su questa terra, ai bisogni e alle loro preferenze di vario tipo, l’esistenza di tradizioni religiose distinte consente di soddisfare ognuno di essi. Conviene considerare i vari tipi di religione come altrettanti cammini che portano verso una comune destinazione. Ma rimane inteso che la scelta di un impegno spirituale rimane una decisione individuale, presa in piena indipendenza, fondata per esempio sulla sua pertinenza da parte di chi la adotta, o sulle proprie disposizioni mentali e/o intellettuali ad afferrare questo insegnamento religioso. Avvicinandosi al loro obiettivo spirituale, il cristiano, l’induista o il buddhista realizzano che la loro “questua” è simile e che sono alla ricerca di una stessa realtà.

Tuttavia e malgrado le sue meravigliose realizzazioni, il secolo scorso è stato il testimone di numerose violenze, oppressioni e agitazioni civili dovuti alle religioni, nonché di divisioni che hanno portato instabilità, paure, sofferenze, rabbie, frustrazioni ed atteggiamenti violenti nelle vite di ognuno di noi. Gli odii religiosi e l’intolleranza verso la legge hanno colpito le nazioni, le comunità e l’individuo come un’epidemia di peste, invece di condurli ad adottare delle vite più giuste. Il problema che costituiscono i conflitti religiosi su scala mondiale si è ancora aggravato recentemente, al punto di minacciare di sfuggire a qualsiasi controllo in quest’inizio del XXI secolo.

Nel passato, ogni volta che la gente soffriva od affrontava delle difficoltà, si rivolgeva verso la religione e la spiritualità per trovarvi un conforto. La religione è (certamente) importante, poiché un mondo materiale, anche se prospero, non basta a soddisfarci. Vogliamo anche un mondo armonioso, che sia morale, fraterno e pieno di compassione perché il ruolo della spiritualità è di allontanare dalla propria persona il conflitto interiore, sorgente di tutti gli altri conflitti, e di far capire ad ognuno la natura dell’amore, la comprensione degli altri, la tolleranza, la pazienza e l’umiltà. Sfortunatamente è a nome proprio che la religione suscita divisioni e conflitti su grande scala in seno alle società, diventando la minaccia più importante per il mondo attuale. Il fenomeno dell’intolleranza religiosa, il fondamentalismo e il fanatismo hanno reso la società quasi immunizzata contro qualsiasi rimedio, sia esso di tipo laico o religioso. I rimedi finiscono con l’essere peggio dei mali: diventa da ora imperativo affrontare molto seriamente la questione religiosa, riflettendo sulle conseguenze positive di un’armonia interreligiosa.

Non conosco nessun canone né credo religioso che predichi la violenza, consigli l’odio o cerchi di provocare dei disaccordi tra le persone. Nel passato tuttavia si trova la traccia di numerosi atti commessi in nome della religione e culminati con conversioni religiose forzate, affermazioni dogmatiche fatte per sopprimere la fede dell’altro; tale tipo di religione pretendeva di detenere l’unica verità al fine di stabilire la sua superiorità rispetto alla religione vicina, o ancora la sottovalutazione delle credenze e degli insegnamenti delle altre religioni.

Per capire l’armonia e la “disarmonia” tra le religioni, è necessario innanzitutto soffermarsi sul vero e proprio significato della religione.

Per il professor R. Pannikar la nozione di religione comprende tre aspetti:

• la devozione, o la dimensione umana di ciò che è “estremo”, in qualsiasi luogo crediamo si trovi questo “estremo”;

• il religioso, o l’istituzione – di qualsiasi tipo essa sia – nella quale s’incarna la dimensione religiosa della vita umana;

• la credenza, in quanto sistema più o meno chiuso di verità profonde proprie di un gruppo in particolare.

Egli aggiunge che questi tre aspetti non possono essere considerati separatamente, anche se dovrebbero esserlo teoricamente. Al fine di agevolare la comprensione della sua definizione di religione, egli utilizza il termine soprattutto nel senso di “una ri-unione strutturata con il Sacro”, nondimeno senza dimenticare che la religione trascende ognuna delle sue espressioni.

Se si ammette che questa definizione della religione sia sufficiente per le tradizioni religiose in generale, sotto le loro forme attuali, essa potrebbe però diventare insufficiente per definire il Dharma in particolare, nella concezione buddhista. In ogni caso una religione dev’essere uno strumento per spiritualizzare l’individuo fino a che egli realizzi la sua natura senza limiti. Qualunque essa sia, la religione gioca un ruolo chiave, trasformando spiritualmente l’individuo fino ad affrancarlo da qualsiasi costrizione in modo che possa realizzarsi pienamente. Leonard Swidler rafforza ulteriormente questo concetto quando dice: “Nel cuore di ogni cultura risiede quella che viene denominata tradizionalmente una religione, ossia una spiegazione del senso ultimo della vita, ed un insieme di regole per vivere di conseguenza. La maggior parte delle religioni possiede le “quattro lettere C”: un Credo religioso, un Codice morale, un Culto e una Comunità (che la struttura) ed esse si fondano sulla nozione della trascendenza.

Il credo si riferisce agli aspetti cognitivi di una religione: si tratta di tutto ciò che partecipa alla spiegazione del senso ultimo della vita.

Il codice morale include tutte le regole e tutti i costumi che si attengono al credo, sotto una forma od un’altra.

Il culto raccoglie i riti e le liturgie che collegano il discepolo ad uno degli aspetti del Trascendente, in modo diretto od indiretto, così la preghiera rappresenterà per esempio il primo aspetto (la devozione), mentre il prete, con il suo solenne atteggiamento verso i rappresentanti del Trascendente, incarnerà piuttosto il terzo aspetto.

La struttura della comunità indica i rapporti dei discepoli tra di loro; può variare in larga misura, andando da rapporti molto egualitari, come presso i quaccheri, ai mezzi di una struttura “repubblicana” simile a quella dei presbiteriani, fino ai rapporti più monarchici tali quelli che hanno alcuni ebrei hassidici nei confronti del loro rabbino.

Il Trascendente, così come indica la radice della parola, significa “ciò che va al di là” del quodidiano, dell’ordinario, dell’esperienza apparente della realtà. Esso può far riferimento alle menti, a Dio, ad un dio personale, ad un dio impersonale, al vuoto, ecc.”.

E’ del tutto evidente per noi che la devozione, il credo religioso o il codice morale non saprebbero essere delle fonti di disaccordi religiosi. Ma essi emergono nel culto e nella comunità. In altri termini, il disaccordo ed il conflitto nascono nelle menti di quelli che dimenticano l’essenza del credo e del codice morale, rapiti come sono dalle intense emozioni della comunità in cui sono inseriti e dal loro attaccamento verso di essa. Guidate dall’ego e da interessi particolari, queste persone generano conflitti attorno a loro ed utilizzano il nome della religione per accrescere il proprio potere politico oppure con altri secondi fini.

Uno stesso fenomeno, che è causa della maggioranza degli attuali conflitti religiosi è che i cosiddetti fondamentalisti sviluppano un sentimento di insicurezza menzognero verso le tradizioni religiose, al fine di sfruttare i sentimenti dei credenti di animo più semplice. Questi fondamentalisti non riescono a capire gli elementi di base della propria religione. Ingannando e abusando della sensibilità religiosa della loro comunità, essi adottano certe politiche che finiscono con l’avere un carattere fanatico. E’ soltanto facendo cattivo uso del nome della religione che la disarmonia si perpetua.

Un altro problema è la tendenza comune di credere che la propria religione sia superiore a quella dell’altro. Più di un conflitto è dovuto, per ignoranza o per pura arroganza, a credenti di fedi diverse i quali, incontrando altri credenti, pensano di essere gli unici detentori di tutta la “verità” e che tutti gli altri si sbagliano, mentre la loro comunità è la vera e propria “Realtà” in questo mondo. Una tale concezione dovrebbe essere eliminata dalle nostre menti; credo che sarà possibile soltanto a condizione di praticare la propria religione con sincerità e con la determinazione di proteggerne la dottrina nella sua forma più pura. Per esempio, alcuni discepoli del buddhismo non sembrano applicare nella loro vita gli insegnamenti del Buddha e sembrano invece avervi rinunciato, e le risposte immediate della nostra mente di fronte alle loro parole e ai loro atti sembrano confermarcelo. Eppure essi pretendono di avere una profonda devozione verso la loro fede. Ognuno sa che l’essenza degli insegnementi del Buddha è fatta di Compassione, Amore, Gentilezza e Tolleranza verso gli altri. Ma agli occhi di questi cosiddetti buddhisti, la più grande causa di ira ed intolleranza sarebbe di criticare o di mancare di rispetto verso la religione di un altro. Se qualcuno parlasse male del buddhismo, un cosiddetto buddhista non esiterebbe a vendicarsene con furore con tutti i violenti mezzi immaginabili, ponendo così fine all’insegnamento della non-violenza di Buddha, senza realizzare che agendo in tal modo egli nuoce alla propria fede. E che nella sua ignoranza egli crede di proteggere il buddhismo opponendosi a quelli che criticano la sua fede. Questi sentimenti irreligiosi sono gravi, onnipresenti e facilmente provocabili nelle menti di alcuni discepoli di tutte le grandi tradizioni religiose. Una tale contraddizione costituisce per me il più grande disastro ecologico interno della nostra epoca. In realtà le critiche non rovinano mai le dottrine di Buddha, ma uno può rovinare se stesso con l’ira e l’odio. Credo che si possa applicare questo principio anche ad altre tradizioni religiose.

Gli insegnamenti religiosi sono destinati a pacificare, a purificare e a decondizionare le menti delle persone. Se suddetti insegnamenti sono la fonte principale delle perturbazioni e della violenza, da dove trarre il rimedio? Quale sarà il rimedio che proporrà una religione perché diminuisca la segregazione razziale, per esempio? Di fatto l’espressione “intolleranza religiosa” è un ossimoro (un’associazione di due termini contraddittori) ma purtroppo l’inattitudine spregevole alla pazienza serena domina in larga misura nelle nostre società. Senza controllo efficace, le conseguenze delle tensioni religiose diventeranno estremamente pericolose per l’insieme della civiltà umana. Immaginate per un istante che cosa capiterebbe all’umanità se 2,1 miliardi di cristiani, 1,3 miliardi di musulmani, 900 milioni di induisti e 376 milioni di buddhisti provassero a mettersi gli uni contro gli altri. O ancora per questa stessa ragione, che cosa succederebbe se un centinaio di fanatici di ogni religione, male avveduti, fosse incoraggiato a scalzare la fede dell’altro? La “disarmonia” inter-religiosa è un problema molto serio, dalle difficili ripercussioni, tanto per i membri delle piccole comunità quanto per le nazioni e l’umanità in genere.

Al fine di neutralizzare qualsiasi appesantimento della situazione attuale e per ristabilire la normalità, la pace e l’armonia nelle relazioni tra i numerosi praticanti religiosi, penso che la Società Teosofica, in quanto entità che rispetta e promuove lo studio delle varie religioni su questo pianeta, abbia l’unico vantaggio e il potenziale - ma anche la responsabilità – di esserne la punta di diamante. Oserei suggerire qui i miei pensieri insignificanti circa le future azioni da condurre per rovesciare la tendenza attuale:

1.      è essenziale capire che ogni essere umano è unico; in altri termini, ognuno di noi differisce dagli altri a causa delle sue capacità, di ciò che ama e di ciò che non ama, dei suoi gusti e del suo carattere, etc. Di conseguenza, qualsiasi dottrina religiosa, di qualunque tipo essa sia, non saprebbe essere di gradimento di ognuno indistintamente. Allo stesso modo in cui certi alimenti o certe medicine non possono convenire a tutti, la varietà è lì ancora necessaria. Dovremmo quindi capire che ognuna delle altre nobili tradizioni religiose è altrettanto importante e sacra verso i propri discepoli. Questo non significa che nessuna di queste possibilità offerte possieda dei valori necessariamente superiori o inferiori alle altre. Ognuno dovrebbe capire questo, nonché riflettere sul fatto che il luogo di nascita condiziona in larga misura le credenze religiose. Se voi nascete in prossimità del Vaticano, avrete tutte le probabilità di diventare un cattolico romano; se crescete in Medioriente sarete probabilmente un musulmano e un indù nel nord dell’India, ecc.

2.      Se vogliamo riuscire a riavvicinare le religioni invece di ricercare ciò che le avvicina, dovremmo piuttosto ricercare le differenze tra di loro ed imparare a rispettarle, dal momento che le differenze tra le religioni sono inevitabili e rese necessarie dalla diversità umana. Altrimenti questa tendenza alla ricerca di similitudini porta molto spesso ad imporre le proprie interpretazioni religiose agli altri, a porle tutte su uno stesso piano e a fondere varie tradizioni in una sola, la qual cosa non conviene a nessuno dei principi fondamentali delle tradizioni religiose.

3.      La nozione di “tolleranza religiosa” va sostituita da un rispetto sincero verso tutte le religioni. Il termine tolleranza rinvia esso stesso al rifiuto delle altre religioni. Tollerare significa globalmente che di fronte a ciò che non è né buono né accettabile, ognuno deve soltanto accettarlo, tollerarlo. La parola del Mahatma Gandhi, Sarva Dharma Sambhava, significa avere un atteggiamento simile verso tutte le religioni. Ognuno deve accettare e rispettare le altre religioni nel loro insieme, senza alcuna discriminazione. Adottare un tale atteggiamento porta naturalmente ad accettare l’idea di pluralismo. Tollerare le altre confessioni religiose non ci chiede di accettarle come verità.

4.      Ogni autentico discepolo religioso degno di questo nome dovrebbe avere il coraggio e la buona volontà di condannare tutte le fonti di disaccordo che possono minacciare l’armonia tra le varie comunità religiose. Ed in particolare quando i nostri correligionari si permettono di creare delle tensioni, andrebbero condannati efficacemente invece di biasimare la comunità diversa dalla propria, allo scopo di proteggere i propri condiscepoli. Bisognerebbe evitare la propaganda religiosa e assicurarsi piuttosto che la gente s’impregni dell’essenza vera e propria della sua religione.

5.      I capi religiosi dovrebbero mettersi d’accordo per agire insieme quanto più spesso possibile e sviluppare delle relazioni personali per eliminare le disarmonie, coltivare una sincera comprensione e dare il buon esempio ai loro discepoli. Tutte le grandi religioni hanno da condividere una saggezza e una bellezza infinite. Bisognerebbe instaurare un sistema di scambi inter-religiosi, creando delle occasioni di studiare le altre religioni, per apprezzare la nobiltà dei loro ideali. Indipendentemente dai loro sforzi per allargare il proprio ambito di influenza, tutte le grandi religioni dovrebbero adoperarsi a costruire un quadro abbastanza flessibile per lasciar scoprire ad ognuno con saggezza la nobiltà degli ideali di ogni religione. Dovremmo superare la questione della conversione ad un’altra religione, per estirpare questa grettezza di spirito e questa distanza delle nostre relazioni con gli altri.

6.      Bisognerebbe promuovere il dialogo interconfessionale, le preghiere comuni tra le varie confessioni e i pellegrinaggi verso i vari luoghi santi e sacri. La meta di ogni religione è fondamentalmente la stessa, ossia purificare la mente umana e i seguenti scopi sono comuni a tutte le confessioni: vincere il nostro egoismo, amare e servire i nostri simili ed elevarci fino al livello della consapevolezza universale. Il cuore della religione è di promuovere questi valori umani e di svegliare la luce interiore degli esseri. Senza sapere a quale punto questo si concretizzerebbe, potremmo immaginare un’Organizzazione delle Religioni Unite, antimodello delle Nazioni Unite, in grado di radunare tutte le religioni del mondo per il benessere e il miglioramento di tutti, nonché per promuovere l’armonia interreligiosa e la pace nel mondo.

7.      Una mente piena di compassione gioca un ruolo chiave per apportare un rispetto uguale a tutte le religioni. Praticare la compassione verso quelli che soffrono o verso i più deboli è facile da mettere in opera. Per contro, la compassione verso i potenti, gli oppositori o altri gruppi costituiti in particolare, è difficile da far nascere. La condizione richiesta per lo sviluppo della compassione è di capire ciò che significa l’uguaglianza fra tutti. Tutti gli esseri viventi sono uguali in essenza; ogni essere sensibile possiede il seme dell’illuminazione in se stesso. In secondo luogo tutti gli esseri sensibili amano la felicità così come tutti amano altrettanto poco la sofferenza. Non vi è dunque nessuna logica nel voler distinguere gli esseri sensibili o nel voler isolarsi dagli altri. Una volta capito in che cosa consiste l’uguaglianza tra gli esseri, la mente conoscerà naturalmente la compassione. E la mente piena di compassione rispetterà ognuno, avendo riguardo per logica conseguenza, delle diverse denominazioni religiose alle quali la gente appartiene.

8.      E soprattutto, tutti i praticanti sinceri dovrebbero dar prova di solidarietà tra di loro, per proteggere la propria confessione e le proprie convinzioni. Dovrebbero opporsi vigorosamente ad ogni sfruttamento abusivo fatto a nome della religione, da uomini politici mossi dal motto “dividere per regnare”, i quali creano dei gruppi e manipolano gli elettori sfruttando il sentimento religioso degli innocenti.

Poiché uno degli obiettivi importanti della Società Teosofica è di promuovere una Fratellanza Universale e l’armonia fra tutte le tradizioni religiose, un periodo pieno di sfide si apre a noi. Ma ho buona speranza che la pace finirà per regnare su questa terra, dopo l’eliminazione dei blocchi che le lasceranno il campo libero.

Grazie.

Il venerabile Professor Samdhong Rimpoche, membro onorario della Società Teosofica, stretto collaboratore del Dalai Lama, è il Presidente del Governo tibetano in esilio.

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