dI: P. Krishna
Fratelli e sorelle, prima di
tutto voglio dirvi che è una grande gioia per me essere qui insieme a tutti
voi.
In questo bellissimo posto
dove ci troviamo, il mare mi ricorda quello di Adyar dove Krishnamurti fu
scoperto da Leadbeater nel febbraio del 1909.
Krishnamurti stesso ebbe a
dire che se non fosse stato scoperto dalla Società Teosofica se ne sarebbe
andato, sarebbe morto come altri suoi fratelli e sorelle; perciò sentiamo molta
gratitudine verso la signora Besant e verso Leadbeater per aver saputo
percepire che quel ragazzo aveva delle potenzialità straordinarie e che sarebbe
diventato, per così dire, un “messia”
per il mondo.
Fu detto che il ruolo di
questo “messia” era di dare una nuova
interpretazione della religione a beneficio del mondo scientifico. E questo è
precisamente quello che Krishnamurti fece per tutta la vita.
Sono molto grato alla Società
Teosofica Italiana per avermi invitato qui a parlare della Teosofia e di
Krishnamurti.
Molti amici, sia nella Società
Teosofica che nella Fondazione Krishnamurti, pensano che ci sia una divisione
fra questi due mondi e spesso qualcuno mi chiede come sia possibile essere allo
stesso tempo membri della S. T. e della Fondazione Krishnamurti.
Io non vedo nessuna contraddizione
in questo e oggi vorrei indagare se ci sia veramente una divisione fra
Prima di incominciare questa
indagine, vorrei affermare che nella vita non c’è divisione e che dovunque
questa sorga è sempre il risultato della visione di una mente ristretta.
Due alberi non sono divisi
l’uno dall’altro; il cielo, gli animali, nulla è diviso in natura; l’universo è
un tutt’uno indiviso. Tutte le divisioni sorgono dalla mente umana, perché è
incapace di percepire il tutto. Tutte le divisioni, sia che riguardino gruppi
nazionali, religiosi o politici, sorgono da illusioni della nostra mente.
Illusione è prendere
qualcosa per vero quando non lo è oppure dare una grande importanza a qualcosa
che non ne ha; tutto questo costituisce le illusioni e il solo modo di
frantumarle è vedere da se stessi che cosa è vero e che cosa è falso. Quando lo
si percepisce la divisione si infrange, perché è nata dall’illusione e
l’illusione si spezza.
E’ per questo che il motto
della S.T. è “Non c’è religione superiore
alla verità” e il vero teosofo è sostanzialmente l’uomo che cerca la verità
- quando dico uomo è inclusa naturalmente anche la donna.
Questa è l’essenza della
Teosofia, che letteralmente significa “Saggezza
divina”, nel senso che non è creata dalla mente umana. Queste verità sono
eterne e sono parte dell’intelligenza della natura, di cui noi stessi siamo
parte.
C’è un pezzo molto bello
nella Rivista della Società Teosofica del gennaio di quest’anno, presentato dal
nostro vice presidente John Algeo che, durante
l’ultimo incontro a Madras, ha parlato del vivere la verità della Teosofia,
sottolineando che le verità teosofiche sono eterne, sono sempre state lì.
Coloro che hanno vissuto con
queste verità, che sono entrati in contatto diretto con queste verità, sono i
veri teosofi. Sono incluse persone come Socrate, Lao-Tse e alcuni altri saggi
di varie culture che sono venuti a contatto con la verità, che hanno vissuto
una vita di amore, compassione e verità e che hanno cercato di trasmettere
questa verità agli altri. Sono tutti parte di questa saggezza antica che
costituisce
Quindi
In questo piccolo libro che
ho portato con me, pubblicato dalla casa editrice della S.T. di Adyar, dal
titolo “Sette grandi religioni”, sono
pubblicati sette discorsi tenuti da Annie Besant nel 1896, per spiegare
l’essenza di queste religioni e le loro parti non essenziali. Assicura che la
fonte di tutte le religioni è la saggezza, che è comune a tutte le religioni ed
è questa
C’è ben poca saggezza in una
mente piena di illusioni, perciò la ricerca della saggezza è sinonimo di
ricerca della verità, come chiaramente afferma il motto della S.T.
La parola verità viene usata
in tanti modi diversi.
Può essere usata per
descrivere esattamente ciò che avviene; per esempio quando chiediamo a nostro
figlio che cosa è successo a scuola, possiamo aggiungere: “Stai dicendo la verità?”. In questo caso intendiamo chiedere se la
descrizione corrisponde veramente a quello che è successo.
In un altro caso la parola verità è la descrizione
di causa ed effetto: per esempio potremmo dire che la legge di gravità è una
grande verità nel campo della natura.
Ma quando parliamo di verità
religiosa o teosofica non si tratta di nessuna di queste definizioni. E’
qualcosa che avviene, che nasce quando una coscienza percepisce ciò che è, il
fatto, senza alcuna distorsione. La verità viene percepita dalla coscienza, ma
tale percezione richiede libertà dai propri pensieri che normalmente colorano
la percezione.
Così, esattamente come uno
scienziato usa il microscopio assicurandosi che le lenti non distorcano quello
che vede, in modo che ciò che sta guardano rifletta esattamente ciò che è, allo
stesso modo l’essere umano deve liberare la propria visione da ogni
distorsione, in modo da percepire ciò che è così com’è. Ed è quello che fu
realizzato dai teosofi molto tempo fa.
Mrs. Besant scrisse in un
articolo nel 1912: “Stiamo parlando di percezione o di osservazione e ben pochi saggi
possono discernere se si tratti di vera percezione o se il pensiero non stia
colorando la visione”.
Ed è quello che Krishnamurti
sottolinea quando parla della libertà dal condizionamento.
Vorrei portare un esempio
dei giorni nostri. C’è una ragazza di origine islamica molto brava nel gioco
del tennis, ma i capi religiosi islamici non riescono a vedere quanto sia brava
perché si preoccupano del fatto che il suo costume le lascia scoperte le gambe.
Quando si sostengono certi
valori, dicendo per esempio che la donna non deve eccitare la passione
nell’uomo, non si può percepire ciò che è.
Dall’altro lato ci sono i fotoreporter, che durante
la partita cercano di scattare delle foto provocanti che mettano in mostra il
corpo della tennista, per far vendere un maggior numero di copie alle riviste
dove le foto compaiono. Ovviamente anche loro non sono assolutamente in grado
di guardare il gioco del tennis.
Questo esempio piuttosto “grezzo” dimostra chiaramente che le
nostre intenzioni possono deviare la percezione di quello che stiamo vedendo.
Sia la mente del fotografo
che quella del religioso ortodosso sono impossibilitate a vedere la partita,
così come i nostri punti di vista, le nostre opinioni, quello che chiamiamo la
nostra cultura, fanno da schermo a ciò che osserviamo; questo condizionamento
della mente colora la percezione di ciò che vediamo, impedendo così la
percezione della verità.
Naturalmente il mio
condizionamento è diverso dal vostro perché io sono cresciuto in una cultura
diversa, sono cresciuto in India, in una certa famiglia, con una certa
religione e perciò ho certe opinioni; tutto questo crea divisione e ciascuno
rimane legato alle proprie opinioni.
Tutto questo è una creazione della nostra
immaginazione ed è un’illusione che ci divide, mentre in realtà siamo tutti
esseri umani identici, con lo stesso corpo e la stessa coscienza ma, dato che
diamo una tremenda importanza al contenuto della nostra memoria e siamo
attaccati al nostro condizionamento, religioso, nazionalistico o politico che
sia, ci sentiamo divisi, ma tutte le divisioni nascono dall’illusione.
Quando si parla di verità
teosofica si tratta di andare oltre questo condizionamento, di liberarsi dal
proprio pensiero e di avere un profondo insight in ciò che è, ed è
allora che nasce la verità. E’ per questo che non si può ottenere la verità da
nessun libro, si può ricavarne un’idea, ma l’idea della verità non è la verità.
Krishnamurti diceva che la
descrizione non è la cosa descritta. La parola non è la cosa e dovete percepire
la verità per conto vostro altrimenti non sapete che cos’è la verità.
Egli negava il ruolo del
guru perché diceva che il guru non può darti la verità, perché la verità non è
un’idea, si trova a livello della percezione e bisogna arrivare a quella
percezione per conto proprio.
Si tratta di un dilemma
davvero particolare: io sono colui che vuole percepire la verità e la mia
stessa mente si frappone, io stesso mi frappongo. E’ per questo che
Krishnamurti parla del “morire a se stessi”,
cioè morire agli attaccamenti, ai condizionamenti, ai ricordi,all’io. Ma dato
che il pensiero è la risposta della memoria, non possiamo arrivare alla verità
tramite il pensiero, perché il pensiero è lo strumento del condizionamento.
C’è uno strumento diverso
nella nostra coscienza?
Krishnamurti sottolinea che
questo strumento c’è, che noi abbiamo questa capacità di consapevolezza che non
è basata sul pensiero.
In questo momento il mio
pensiero è impegnato da quello che voglio comunicare a voi, ma sono consapevole
della luce della sala, dell’atmosfera intorno, anche se non ci sto pensando;
perciò la consapevolezza non è una facoltà del pensiero. Krishnamurti sosteneva
che dovremmo affidarci ad una consapevolezza passiva, libera da giudizi, da
considerazioni e misura, che sono tutte attività del pensiero, affidandoci
semplicemente al guardare con una profonda domanda nella nostra mente. E’
questo modo di guardare che può rivelare la verità.
Perfino in campo scientifico
è così che sono state fatte le grandi scoperte.
Prendiamo l’esempio di come
Newton ha scoperto la legge di gravità; stava semplicemente guardando la caduta
di una mela, un fenomeno che migliaia di persone dovevano aver visto prima di
lui, ma egli si pose la domanda: “Perché
cade?”
Il suo osservare con questa
domanda in mente fu l’inizio di una grande scoperta, di un insight
riguardo al fatto che la terra attrae questa mela e se attrae la mela deve
farlo con tutte le cose, e se questo accade fra la mela e la terra deve valere
anche per tutto il resto nell’universo.
Una nuova scoperta richiede
un modo di guardare chiaro e una mente che indaga, che non è attaccata al
passato, perché la verità è il non conosciuto.
Non si può pensare a ciò che
non si conosce, si può pensare solo a ciò che si conosce e perciò si tratta di
scoprire qualcosa di sconosciuto e portarlo nel campo del conosciuto.
Questo non è un processo del
pensiero, è un insight, ma la coscienza ha la capacità di un simile insight
ed è questa la richiesta essenziale per la percezione della verità.
La percezione della verità
avviene con un atto creativo, sia nel campo dell’arte, della scienza o della
religione ed è questa percezione che porta saggezza.
Sappiamo tutti come si
accresce la conoscenza perché siamo andati tutti a scuola, abbiamo letto dei
libri e abbiamo accumulato un mucchio di esperienze, è così che la conoscenza
cresce continuamente nel tempo.
Ma c’è un altro modo di imparare, che non è
un’accumulazione che deriva dall’apprendimento ma richiede la percezione di ciò
che è vero e di ciò che è falso. Si potrebbe anche chiamare un processo teso a “disimparare”, perché quando si percepisce
ciò che è vero, il falso cade.
E dato che cresciamo in una
certa famiglia, in una certa cultura, noi abbiamo accumulato una grande
quantità di illusioni, cioè dei pensieri falsi, ma non sappiamo che sono falsi
e così costituiscono l’illusione. Però noi abbiamo la capacità di discriminare
il vero dal falso, questa capacità è vera intelligenza ed è quello che ci serve
per imparare.
Krishnamurti ha sottolineato
che una mente di questo tipo è la vera mente religiosa perché cresce in
saggezza e questa crescita in saggezza è l’essenza della Teosofia. Non si
cresce in saggezza come si cresce nella conoscenza, la conoscenza cresce con il
tempo ma la saggezza cresce in lampi di insight; gli scienziati lo
chiamano “paradigma di svolta”.
Questo significa che la mente vive con un certo insieme di assunti, che
costituisce il paradigma nel quale pensa e funziona.
Per esempio, il paradigma
della fisica classica era che il tempo e lo spazio sono indipendenti l’uno
dall’altro; era la legge di Newton, secondo la quale tutto era come il
meccanismo di un orologio.
Ma quando fu scoperta la
relatività e la meccanica dei quanti, tutto è cambiato perché si è visto che
tempo e spazio sono connessi e la stessa causa non sempre produce lo stesso
effetto, quindi è diventato un mondo diverso.
Allo stesso modo, la
scoperta della verità in campo religioso, ciò che chiamiamo percezione diretta
o insight, trasforma la coscienza.
Tutti i nostri sforzi e
studi incrementano la nostra conoscenza nel tempo, ma se avete un insight
tutto si muove su un livello di coscienza molto più alto ed è appunto questo
che chiamiamo insight e la crescita in saggezza comporta una
trasformazione della coscienza. L’insight è la percezione di una
profonda verità, avviene in un lampo, non è questione di tempo. Naturalmente
può passare del tempo, ma in questo passare del tempo non c’è una graduale
crescita della saggezza, altrimenti tutti gli anziani dovrebbero essere saggi;
possono avere molta esperienza ma questo non porta necessariamente saggezza,
anzi! L’esperienza a volte comporta dei pregiudizi, che sono illusioni.
Ciò che determina se
dall’esperienza traggo la verità oppure altri pregiudizi, conclusioni e
opinioni, è la capacità di discernere, che è propria della mente che apprende.
Krishnamurti faceva notare
che si dà troppa importanza ai sentieri. Sia che si tratti del sentiero
islamico, di quello cristiano o di quello teosofico, in sostanza si usa la
mente per percepire attraverso le proprie esperienze; ciò che importa non sono
le esperienze in se stesse ma piuttosto se da queste esperienze si sta
cogliendo la verità.
A meno che non si abbia una
mente che apprende, non si coglie la verità. Perciò la mente che impara è
l’essenza di una mente religiosa, è una mente che impara a discernere il vero
dal falso, e ciò che impedisce questo discernimento è il processo dell’ego,
perché divido me stesso, mi identifico con il mio corpo, con la mia famiglia,
il mio paese, la mia religione, le mie opinioni; la mia mente in effetti
funziona come mio avvocato personale, difendendo sempre il me ed il mio.
Una simile mente non è
interessata alla verità, è interessata al profitto, al piacere, che sia fisico,
emotivo o spirituale. La percezione della verità potrebbe essere dolorosa,
potremmo anche essere dei teosofi e dire che siamo alla ricerca della verità,
ma siamo disposti a percepire la verità se è dolorosa?
In caso negativo non siamo
teosofi, forse siamo membri della S.T.
Definirsi teosofi ha grandi implicazioni, così come
il vero cristiano è colui che vive secondo il discorso della montagna, non
quello che va semplicemente a messa una volta alla settimana, e lo stesso vale
per il vero islamico, il vero buddhista e il vero teosofo; è la stessa cosa,
perché l’essenza di tutte le religioni è amore e compassione e non si possono
raggiungere queste cose senza essere liberi dall’io; questa è saggezza.
Perciò quando si pone una
domanda in maniera profonda, non c’è qualcosa definibile come la mente
cristiana, quella indù o quella buddista, c’è soltanto una religione e c’è solo
una mente religiosa.
Le religioni si possono
dividere per ragioni storiche. Vorrei leggervi da questo libro qualcosa che
Mrs. Besant ha scritto in proposito; l’ha scritto nel 1896, quando Krishnamurti
aveva un anno: “Quando
una cosa è essenziale ci dovrebbe essere unità, nelle cose non essenziali ci
dovrebbe essere libertà e in tutte le cose ci dovrebbe essere carità. Se questa
regola fosse seguita da tutti ci dovrebbero essere meno antagonismo religioso e
meno dispute settarie, che portano vergogna nello stesso mondo religioso. Ciò
che dovrebbe unire è diventato la fonte di divisione…; per i teosofi nulla di
ciò che è umano è straniero e quindi hanno solo una simpatia per tutte le
espressioni umane alla ricerca di Dio. Cercano di capire tutto senza convertire
nessuno e offrono di condividere la conoscenza che li ha toccati in modo da
approfondire la fede e lo spazio proprio ad ogni uomo, aggiungendo questo
spazio alla conoscenza e rivelando le fondamenta comuni di tutte le religioni”.
L’unità essenziale di tutte
le religioni è nello spirito della religione e questo spirito è ciò che
Krishnamurti chiama mente religiosa; se posso citare le sue parole, dice: “La mente religiosa non ha un credo, si
muove da un fatto all’altro, perciò è come una mente scientifica, ma la mente
che è allenata alla conoscenza della scienza non è una mente religiosa”.
C’è solo una mente
religiosa, mentre noi le dividiamo in cristiana, buddhista, indù, perché
identifichiamo un essere umano secondo la sua nascita, la sua cultura, non
secondo la saggezza della sua mente, ma secondo tutti i dettagli non essenziali
di una particolare religione.
Se si considera la saggezza, tutte le religioni sono
uguali; il teosofo enfatizza la saggezza, che è l’essenza della religione e
Krishnamurti sottolinea che la conoscenza di sé è la chiave della saggezza;
questa conoscenza di sé richiede la percezione del vero e del falso, che è
l’essenza della mente che impara.
Se non avete una simile
mente non potete percepire il vero e il falso su nessun sentiero. Se l’avete,
potete imparare su qualsiasi sentiero.
In un certo senso possiamo
dire che una mente che impara è il sentiero, perché senza questa il sentiero
diventa semplicemente un qualcosa di meccanico, la semplice esecuzione di certi
rituali non può portare alla saggezza.
Quindi dove sta la
contraddizione tra ciò che dice Krishnamurti e l’essenza della Teosofia? Egli
sottolinea che non si tratta di accettare quello che viene detto, bisogna
scoprire da sé se è vero o no: “Se è vero
ha valore perché lo è, se non è vero buttatelo via”.
Krishnamurti indica la
verità che ha percepito da sé nella sua vita e dice: “Io non vi posso dare la verità, ma posso darvi la domanda, in modo che
possiate scoprire da voi la verità”. - Senza questo non c’è alcuna crescita
in saggezza.
La saggezza non viene dalla
lettura di molti libri o dall’acquisizione di conoscenza, altrimenti tutti i
professori di filosofia che insegnano all’università dovrebbero essere dei
saggi, ma il professore di filosofia buddhista non è il Buddha, può fare molte
conferenze su quello che quest’ultimo ha detto, ma non ha la coscienza del
Buddha.
Ciò che c’era di grande nel
Buddha era la sua coscienza, nella quale c’erano amore e compassione, una
completa nonviolenza, una completa assenza di odio; senza una simile coscienza
come si può pensare di seguire il Buddha?
Krishnamurti sottolineava
che non si può seguire un altro essere umano senza avere la sua stessa
saggezza.
Non ha senso dirsi seguaci
di Gandhi senza avere la sua nonviolenza e la sua assenza di odio, così come
non ha senso seguire Gesù Cristo o chiunque altro. Per essere un vero seguace
di Gesù bisogna avere la stessa coscienza, bisogna scoprire che cosa siano
questo amore e questa compassione di cui parlava e portarli nella propria
coscienza, e questo è possibile solo se si finiscono tutte le illusioni e
l’odio.
Non vedo alcuna divisione
tra ciò che dice Krishnamurti e
Molte persone della S.T.
rimasero deluse quando, nel 1929, Krishnamurti annunciò che “la verità è una terra senza sentieri”
e, dato che non lo potevano capire, egli dovette lasciare
Possiamo forse dire che
quest’uomo non è un teosofo? In questo caso non abbiamo capito che cos’è