La fratellanza universale nel pensiero di Pietro Ubaldi

di Antonio Girardi

     Quando nel 2002 la Società Teosofica Italiana celebrò, nell’incommensurabile ambiente spirituale rappresentato da Assisi, il Congresso del Centenario della sua fondazione1, avvenuta a Roma nel febbraio del 1902, fu allestita una mostra storico retrospettiva, che testimoniò non soltanto il lavoro realizzato lungo l’arco di un secolo a favore della Fratellanza Universale senza distinzioni, ma fu in grado di mettere in evidenza quanto il pensiero teosofico ed il suo metodo fossero stati in grado di influenzare positivamente alcuni dei massimi rappresentanti culturali del Noveceto italiano: da Roberto Assagioli a Maria Montessori, da Aldo Capitini a Pietro Ubaldi. Di quest’ultimo fu pure esposta una foto che lo ritraeva con gli amici del Gruppo Teosofico di Forlì.

     Quando si accosta il pensiero teosofico alla vita ed alle opere di pensatori quali quelli citati si può correre il rischio di “inventare” in qualche modo operazioni di omologazione culturale che in realtà non sono di alcun interesse. La questione infatti non è tanto quella di “dimostrare” che Assagioli o la Montessori o lo stesso Pirandello furono “teosofi tout court”, quanto piuttosto di fissare i contorni, anche concreti, del loro interesse per la Teosofia e delle loro relazioni con la Società Teosofica. Il tutto approfondendo il respiro filosofico-culturale e la forza di questa relazione, in un’ottica che ricomprenda le grandi categorie del pensiero.

     Così facendo si evita da un lato di sovra o sotto stimare la natura della relazione con il pensiero teosofico e dall’altro di appiattire l’originalità indubbia che caratterizza questi pensatori.

     Di Pietro Ubaldi va innanzitutto considerato l’afflato mistico; un afflato tendente con forza all’unità ed in grado di integrare fra loro i diversi aspetti dell’esistenza.

     Vi sono dunque alcuni punti fondamentali che ricollegano Ubaldi ad una dimensione “teosofica” della vita e dunque alla Fratellanza Universale senza distinzioni.

     Innanzi tutto è la visione “monistica” della realtà, con un salto notevole che lo porta teologicamente assai lontano dal monoteismo antropomorfico; questa impostazione gli consente di affermare che materia, energia e spirito sono la medesima Sostanza e che la differenza fra l’una e l’altra è una differenza meramente cinetica. Ecco dunque dispiegarsi in Ubaldi una profonda visione di Unità della Vita, Vita regolata da leggi universali che si applicano all’intera dimensione dell’Universo.

     Ne La Grande Sintesi Ubaldi non usa il termine “Karma” ma ne utilizza compiutamente il concetto ed il significato, affermando a proprosito dell’armonia universale: “L’eterno divenire dell’essere è guidato da una legge perfetta e matematicamente esatta; il trasformismo evolutivo universale ubbidisce ad un principio unico. Questo principio vi esporrò, che ritroverete nella infinita molteplicità delle forme, identico e costante; e vi traccerò la linea del suo divenire, la traiettoria dell’evoluzione, una linea assolutamente tipica che si può chiamare la matrice del trasformismo universale, una traiettoria che tutti i fenomeni, i più disparati, seguono nel loro processo di sviluppo. Principio assoluto, traiettoria inviolabile. Ogni fenomeno ha una legge e questa legge è un ciclo”2.

     L’eterno divenire ha per Ubaldi caratteristiche di tipo evolutivo e spiraliforme in cui il concetto di reincarnazione ha un posto importante. “In natura non vi sono abissi, salti, zone di vuoto, ma tutto è continuazione di ciò che fu precedentemente preparato, sviluppo di quanto già esisteva allo stato di germe. E’ per questo che ritrovate in biologia gli stessi principi che spuntano in chimica, ma sviluppati ed elevati; e il passaggio si ha per una maturazione interiore che porta ad una più alta combinazione gli elementi preesistenti”3.

C’è un’intima unità fra tutte le cose che Ubadi mette in luce, evidenziando così la stretta connessione fra evoluzione e approccio olistico: “Nell’infinito voi vi muovete. La vita è un viaggio e voi non possedete null’altro che le vostre opere. In ogni ora si muore e in ogni ora si rinasce, ma si è sempre figli di se stessi. L’evoluzione battuta dal ritmo del tempo non si può fermare. Voi vedete secondo una falsa prospettiva psichica. E’ necessario concepire non le cose, ma la traiettoria del loro trasformismo, non i fenomeni ma i periodi fenomenici; voi dovete piazzarvi mobili nella fluidità del movimento, realizzarvi in questo mondo di cose fuggenti, quali esseri indistruttibili in un tempo che non può portare che continuazione, lanciati verso un eterno futuro che vi spalanca le porte dell’evoluzione”4.

     Oltre alla visione monistica della realtà, all’evoluzione e ai concetti di tipo olistico c’è un altro elemento che caratterizza in senso teosofico il pensiero di Ubaldi; è quello dell’Amore, che “canta nell’architettura delle linee, nella sinfonia delle forze, nelle rispondenze dei concetti. Si chiama attrazione e coesione al livello materia, impulso e trasmissione al livello energia, slancio di vita e di ascensione al livello spirito. E’ l’armonia nell’ordine cinetico, in cui è il nostro respiro e il divino respiro dell’universo. Abbiamo osato svelare il mistero e guardare senza veli la Legge che è il pensiero di Dio. In ogni campo abbiamo visto i momenti di quel concetto che tutto regge. Non temano i buoni di conoscere la verità”5.

     Va comunque considerato, a proposito dell’Amore, che Ubaldi ne esalta vari aspetti, primo fra tutti quello dell’amore evangelico, da lui definito anche come “la più alta e feconda legge sociale”.

     L’adesione del pensiero ubaldiano al Vangelo è netta e totalizzante e finisce per individuare altresì nel Cristo un punto di convergenza dell’evoluzione cosmica. È evidente che per Ubaldi il Cristo rappresenta il principio universale del Logos anche filosoficamente inteso come unità di scienza e ragione e perno dunque di una sorta di religione universale verso cui possono convergere le varie religioni di tipo storico.

È questo un aspetto in cui è possibile rintracciare notevoli affinità fra le concezioni di Teilhard de Chardin e di Ubaldi.

È proprio l’adesione ubaldiana al Vangelo che proietta il pensiero del folignate anche sul piano di una condivisione fraterna fra tutte le creature. E la “preghiera del viandante” manifesta così uno spirito di condivisione e tratti di intensa poesia: “Sulla via dolorosa, sosta; tergi la tua lacrima e ascolta. Il canto è immenso, le armonie giungon dall’infinito, per baciarti in fronte, o stanco viandante della vita. Accanto al tuono delle voci titaniche dell’universo, bisbigliando in un ricamo di bellezze, le minime voci delle umili creature sorelle. ‘Anche io, anche io’, ciascuna grida ‘sono figlia di Dio e lotto e soffro, porto il mio peso e tocco la mia vittoria; anche io sono vita, nella grande vita del Tutto’. E tutto, dal fragore della tempesta al mattutino canto del sole, dal sorriso del neonato al grido straziante dell’anima, tutto dice se stesso, nella sua voce; e si accorda con le voci sorelle; tutto esprime il suo intimo mistero; ogni essere manifesta il pensiero di dio. Quando il dolore addenta le più intime fibre del tuo cuore, tu odi una voce che ti dice: Dio; quando la carezza del tramonto ti addormenta nel sonno queto delle cose tutte, una voce ti dice: Dio. E la visione stupenda supera ogni dolore”6.

     Si rende necessaria un’ulteriore annotazione. Quella di Ubaldi si presenta come una “rivelazione” ricca di misticismo e non scevra da un’impostazione “profetica” che, specie ne La Grande Sintesi, marca la differenza fra l’autore ed il lettore. Qui c’è una certa differenza con il metodo teosofico, squisitamente socratico e teso piuttosto a valorizzare la dialettica e la relazione come strumenti di ampliamento della coscienza.

     Ubaldi afferma: “Io non parlo per sfoggio di sapienza per soddisfare la umana curiosità, io vado dritto allo scopo di migliorarvi moralmente poiché io vengo per farvi del bene. Non mi vedrete fare alcuno sforzo per riconnettere ed inquadrare questo mio pensiero nel pensiero filosofico umano, a cui mi riferirò il meno possibile. Mi vedrete invece restare continuamente in contatto con la fenomenologia dell’universo. Questa voce veramente importa ascoltare, che contiene il pensiero di Dio. Comprendetemi, voi che non credete, voi scettici, che reputate sapienza l’ignoranza delle alte cose dello spirito e pure ammirate lo sforzo di conquista che ogni giorno l’uomo compie sulle forze della natura. Io vi insegnerò a vincere la morte, a superare il dolore, a vincere nella grandiosità immensa di una ‘vostra’ vita eterna; e non vi accorgerete voi con entusiasmo, alla fatica necessaria per raggiungere così grandi risultati? Su dunque, uomini di buona volontà, ascoltatemi! Prima comprendetemi con l’intelletto, e quando in questo sarà fatta la luce e vedrete chiara la via nuova che io traccio, palpiterà allora anche il vostro cuore e si accenderà la fiamma della passione affinché la luce si tramuti in vita e il concetto in azione”7. La stessa H. P. Blavatsky da parte sua invita invece il lettore a considerare La Dottrina Segreta “una sorta di provocazione” che mette a disposizione del materiale in grado di spingere il singolo alla ricerca, al confronto, al lavoro interiore.

     Passando poi a considerare la visione politica ubaldiana, la stessa risulta fortemente caratterizzata in senso idealistico e persino “appiattita” su una concezione quasi teologica dello Stato e del Capo. Per ben comprendere questo aspetto, è necessario considerare la valenza etica di cui Ubaldi si fa portatore. Anche su questo punto c’è una certa differenza rispetto alla visione teosofica moderna, che ha interamente colto il significato della democrazia e dell’iniziativa sociale.

     Ma veniamo ad un ulteriore punto di unione fra approccio teosofico e pensiero ubaldiano: è quello che riguarda l’intuizione e gli aspetti del “supercosciente”; entrambi si ricollegano ai concetti neoplatonici sul tema ed in particolare a quelli di Plotino8.

     C’è infine in Ubaldi una forte spinta “teosofica” verso la considerazione unitaria di Scienza e Fede e verso un processo tendente ad una riunificazione col Tutto.

     Come ebbe ad affermare il prof. Mollo: “In questa prospettiva Ubaldi individua la possibilità di cogliere il rimando del microcosmo al macrocosmo, convinto del fatto che la scienza sia chiamata a scoprire lo spirito, in un processo di acquisizione di una ‘nuova coscienza cosmica’, quale prodotto ultimo della vita, che ci permetterà di far sentire ogni uomo non solo ‘membro di una umanità che comprende tutti gli esseri dell’universo, ma di rappresentare una forza e di avere un gran compito nel funzionamento organico dell’universo stesso’9.

     Possiamo concludere che il pensiero ubaldiano ha indubbia affinità con quello teosofico e che alcuni aspetti fondamentali della concezione teosofica (Karma, evoluzione, conciliazione fra fede e ragione, importanza dell’intuizione, approccio olistico) sono ben presenti in Pietro Ubaldi. Di un certo rilievo sono anche le differenze nel metodo (“rivelato” per Ubaldi, maieutico per la Teosofia), nella concezione politico-sociale (idealistica per Ubaldi, democratica per la Teosofia), nel contesto culturale (fortemente occidentale e cristiano per Ubaldi, più globale per il moderno pensiero teosofico).

     Quel che è certo è che le differenze non “oscurano” le affinità. Anche per questo Pietro Ubaldi meriterebbe, a pieno titolo, di occupare un posto importante nella storia dell’evoluzione del moderno pensiero spirituale (e non solo).

Note:

1.    Vedasi gli Atti del Congresso del Centenario della Società Teosofica Italiana, Vicenza 2002.

2.    P. Ubaldi, La Grande Sintesi, Edizioni “Ergo”, Roma 1952, IV edizione, pag. 81.

3.    Idem ibidem, pag. 241.

4.    Idem ibidem, pag. 500.

5.    Idem ibidem, pag. 501.

6.    Idem ibidem, pagg. 302-303.

7.    Idem ibidem, pag. 13.

8.    A. Girardi, “Teosofia e Neoplatonismo” in Atti del 92° Congresso Nazionale della Società Teopsofica Italiana, Vicenza 2006.

9.    P. Ubaldi, La Grande Sintesi, Ed. Ergo, Roma 1948, pag. 31.

Nota biografica

     Pietro Ubaldi nasce a Foligno il 18 agosto 1886. Laureatosi in giurisprudenza si dedica all’insegnamento e vive a Gubbio dal 1932 al 1952. Nel 1931 inizia a scrivere messaggi spirituali che presto gli danno una certa notorietà. Dal 1933 al 1945 scrive La Grande Sintesi, il suo libro più noto.

     Dopo un giro di conferenze in America Latina nel 1951, stabilisce nel 1952 la sua residenza a San Vincente di San Paolo, dove scrive dodici dei suoi ventiquattro volumi complessivi.

     Muore nel 1972.

     Nella facciata dell’abitazione che fu di Ubaldi a Gubbio, in via della Cattedrale, un’epigrafe così recita: “Pietro Ubaldi, mistico dell’Umbria, 1886-1972”.

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