Bisogna eleggere un luogo, nel quale non si senta strepito d'alcuna maniera,
all'oscuro o al barlume di un piccolo lume, così dietro, che non percuota negli
occhi, o con occhi serrati.
In un tempo quieto et quando l'uomo si senta
spogliato d'ogni passione, tanto del corpo, quanto dell'animo.
In quanto
al corpo non senta né freddo ne caldo, non senta in alcuna parte dolore, la
testa scarica di catarro e dai fumi del cibo et da qualsivoglia umore; il corpo
non sia gravato di cibo, né abbia appetito né di mangiare ne di bere, né di
purgarsi, né di qualsivoglia cosa; e stia in questo luogo posato a sedere nella
maniera più comoda, appoggiando la testa alla mano sinistra, o in altra maniera
più comoda.
L'animo sia spogliato d'ogni minima passione o pensiero, non
sia occupato né da mestizia o dolore, o allegrezza o timore, o speranza; non
pensieri amorosi, o di cure famigliari, o di cose proprie o d'altri; non di
memoria di cose passate o di oggetti presenti, ma essendosi accomodato il corpo
come sopra, deve mettersi là, et scacciare dalla mente di mano in mano tutti i
pensieri che gli cominciano a girar per la testa.
Et quando ne viene
uno, subito scacciarlo, et quando ne viene un altro, subito anco lui scacciare,
insino che non ne venendo più, non si pensi a niente al tutto, et che si resta
del tutto insensato interiormente ed esteriormente, et diventi immobile come se
fussi una pianta o una pietra naturale: et così l'anima, non essendo occupata in
alcuna azione, né vegetabile, né animale, si ritira in se stessa, et servendosi
solamente degli istrumenti intellettuali, purgata da tutte le cose sensibili,
non intende le cose più per discorso, come faceva prima, ma senza argomenti e
conseguenze. Fatta Angelo [l’anima] vede intuitivamente l'essenza delle cose
nella loro semplice natura, et però vede una verità pura, schietta, non
adombrata, di quello che si propone speculare. Perciocchè avanti che si metta
all'opra, bisogna stabilire quello che si vuole o speculare, o investigare et
intendere; et quando l'anima si trova depurata proporselo davanti, et allora gli
parrà di avere un chiarissimo e risplendente lume, mediante il quale non gli si
nasconde verità nessuna.
Et allora si sente tal piacere e tanta dolcezza
che non vi è piacere a questo mondo che a quello si possa paragona: né anco il
godimento di cosa amatissima non ci arriva a gran pezzo.
In tale
maniera, che l'anima, pensando di avere a ritornare nel corpo per impiegarsi
nelle vili opere del senso, grandemente si duole et senz'altro non ritornerebbe
mai se non dubitasse che per la lunga dimora in tale estasi si spiccherebbe al
tutto dal corpo.
Perciocchè quelli sottilissimi spiriti nei quali ella
dimora se ne sagliano al capo, e però alcuni sentono un dolcissimo prurito nel
capo dove son gli istrumenti intellettuali: et a poco a poco svaporano, i quali
se tutti svaporassero, senz'altro l'uomo morrebbe.
Et però sono più atti
a quest'estasi quelli che hanno il cranio aperto per la cui fessura possano
esalare alquanto gli spiriti; altrimenti se ne raduna tanti nella testa che
l'ingombrano tutta, et gli organi per così gran concorso si rendono inabili.
Questa credo che sia l'estasi platonica della quale fa menzione
Porfirio, che da questa Plotino sette volte fu rapito, et egli una volta;
essendo che di rado si trovan tante circostanze in un uomo.
Con tutto
ciò, in due o tre anni potrebbe anco succedere tre o quattro volte; et quelle
cose che allora si intendono, bisogna subito scriverle et diffusamente,
altrimenti voi ve le scordereste et rileggendole poi non l'intendereste.
(Tratto dal primo volume delle "Opere di Tommaso Campanella", cur. da Alessandro D'Ancona, 1854)