La Dottrina Segreta: un modo di pensare

 Di:  Pier Giorgio Parola

Chi, come Enea, è naturalmente dotato della pietas difficilmente ha curiosità per quello che si suole chiamare esoterismo.

La pietas però è di pochi e la curiosità è di molti. In molti si cerca, sia per il piacere, del tutto encomiabile, di migliorare la propria cultura che per il bisogno di accumulare notizie, o così, perché capita. Si incomincia allora a comperare libri (quanti? tanti) e spesso a frequentare persone con gli stessi interessi, gruppi, associazioni. Si può capitare più o meno bene o, sovente, male e talvolta molto male ed il peggio capita a coloro che cercano non solo per curiosità, che diviene solitamente abitudine, ma perché spinti dall’insicurezza, dalla paura di vivere, dall’angoscia esistenziale, dal bisogno di essere rassicurati, peggio capita a coloro che sono interessati vitalmente.

Si dice che si può giudicare buona una libreria se colui che entra compra anche qualcos’altro, oltre al libro che cercava o compra qualcos’altro. Analogamente, leggendo il libro comperato, si può poi trovare altro oltre a quello che si cercava, o forse tutt’altro: un buon libro dà più di quello che ci si aspetta.

Lo stesso accade ove si può comperare l’esoterismo (lo si compra sempre, pagandolo o con denaro, o con la sottomissione, o con una condiscendente ammirazione): ci sono buone (poche) e cattive botteghe.

Un bel po’ di anni fa incominciai a frequentare, per curiosità, un Gruppo della Società Teosofica ed affrontai, unitamente all’acquisto di un buon numero di libri - non solo con la televisione si fa lo zapping - (il timore di perdere quello buono), conferenze che spaziavano da argomenti di pretto sapore “teosofico” alla mantica. Ne ricavai la certezza di avere le idee confuse. E non ero l’unico.

Dopo avere attribuito il fatto al non avere ancora trovato il libro buono, alla poca applicazione ed alla poca inclinazione, mi resi lentamente conto che, ove gli uomini vogliono costruire, assommando mattoni, le torri per arrivare in Cielo, si ripete la vecchia storia di Babele. La confusione delle lingue. Difficilmente ci si può capire se qualcuno, strada facendo, incomincia a chiamare cane l’animale che miagola. E’ il problema di tutte le organizzazioni (vedi i relativi arguti aneddoti).

Penso che la via per l’inferno (ignoranza) sia lastricata dalle “interpretazioni”, delle altrui “interpretazioni”. Al proposito studiosi della U.L.T. hanno trovato (vanno fortunatamente pazzi per queste cose) più di 10.000 variazioni nella terza edizione de La Dottrina Segreta (problema non da niente).

H.P.B. ha sempre fatto unicamente riferimento ad una “tradizione” derivante da delle sorgenti antiche e sempre verificabili, senza nulla “aggiungere” di suo, o di canalizzato. Non che in qualche caso, allorchè sembra sorgano delle antinomie, non sia necessario interpretare, ma mai intaccando i principi filosofici e metafisici tradizionali.

Lo svelare dell’Iside consiste nel comunicare la propria conoscenza, non vuol dire fare delle scoperte. K.H. mette in guardia sui pericoli che si corrono frequentando un mondo intermedio infestato. Sovente quello che viene considerato il messaggiero della Verità, una terra, come diceva Krishnamurti, senza sentieri, si rivela essere uno stradario. E’ una terra che i santi raggiungono con l’estasi (Bohme) e che i sapienti intuiscono, ma da cui non giungono messaggi personalizzati; questi provengono sempre dal piano fisico (con vari procedimenti, anche segreti).

Non è quindi accumulando per decenni nozioni, interpretazioni dell’esegesi (La Dottrina Segreta) di un testo simbolico (Le Stanze di Dzyan), che si può “capire”: la conoscenza si fa nascere con la maieutica e non alimentando la curiosità. H.P.B diceva che i teosofi devono ricercare la verità e non la dottrina. Inoltre H.P.B ha sovente affermato che non si deve accettare un insegnamento per mera fede e i Maestri affermano che i chela devono sempre chiedere delle spiegazioni. Al contrario (curioso?) è il caso di notare che  Leadbeather dice che i teosofi devono comportarsi come i soldati: “credere, obbedire…”. Non che queste antitesi non si possano giustificare, ma solo con delle premesse. Vir (da Vira = vocazione eroica, niente sesso) ascendit et mulier assumitur, la via secca e la via umida degli alchimisti sono cammini diversi per uomini diversi.

Per uccidere l’ignoranza, rappresentata da Medusa, il mito racconta che Perseo dovette consultare le Graie, dovette andare alle origini. Dal “Vangelo secondo Giovanni” alle culture a noi più lontane l’origine del mondo è un tema classico della mitologia e, come Perseo ed ogni “eroe che si rispetti”, l’aspirante “teosofo” si trova un bel giorno davanti alle vecchissime Graie, che possono avere le sembianze di una “Vecchia Signora” con una “Dottrina Segreta”.

Si incomincia a leggere dell’origine del mondo.

Una testimonianza estremamente preziosa sul come leggere, o meglio studiare, La Dottrina Segreta, la troviamo nelle poche intense pagine che Robert Bowen, membro di un gruppo di studio riunito attorno alla Signora durante i Suoi ultimi tre anni di vita, ha voluto regalarci.

Questa testimonianza ci dice che La Dottrina Segreta non ha da essere letta pagina per pagina. Essenziale è raggiungere la comprensione dei “Tre Principi Fondamentali”, poi lo studio della Ricapitolazione del primo volume e quindi delle Note Preliminari e della Conclusione del secondo volume. L’importante non sta quindi nella grande quantità di informazioni che La Dottrina Segreta ci dà, pur con le limitazioni che la cultura, scientifica ed umanistica, del suo tempo imponeva ma nel modo in cui queste nozioni, e quante in futuro verranno con il procedere della conoscenza, sono state date e vanno recepite. Un libro può essere un luogo sacro, un mesocosmo che riproduca la cosmica armonia; i calligrafi cinesi prima di disegnare un carattere delineavano lo “spazio perfetto” in cui tracciarlo. Ogni atto sacro va compiuto in un tempio.

Le informazioni che vennero date dalla Signora Blavatsky, con i mezzi allora a sua disposizione, ed una certa (grande) perplessità da parte dei Maestri, sono un tentativo di eccezionale rilevanza per correggere la “rotta” di un’umanità troppo legata ad una scienza materialistica e meccanicistica e ad una religione ridotta ad idealismo totalitario. Il fatto è dovuto al bisogno di aiutare gli uomini della quarta catena a realizzare il loro compito; il magistero, il dominio della materia al suo stato più denso. Compito che è meta di una delle tre correnti di evoluzione ed il coronamento di questo manvantara. Questa è la meta più eccelsa, il compito cosmico, quella da conquistare nel punto più lontano del lungo viaggio iniziato con la prima catena dai nostri predecessori, un risultato che deve però essere conseguito senza compromettere la possibilità di un proficuo ritorno.

A giudicare dai risultati, dal tremendo impatto che l’Opera ha avuto sulla scienza del XX secolo, possiamo affermare che lo scopo è stato raggiunto. Siamo passati dalla meccanica newtoniana, che ci descriveva il moto dei pianeti e dei palloni da calcio, alla relatività, alla dinamica quantistica, dall’atomo indivisibile alla teoria delle stringhe, a dimensioni miliardi di volte più piccole di quelle dell’atomo, alle D.branes della M.Theory che unifica tutte le forze, anche la gravità e l’energia oscura, si parla di universi multipli, c’è la teoria inflattiva. Ci sono grandi problemi che sorgono: quello dell’ubiquità che sembrava sconfitta dalla Relatività torna a proporsi, quello del principio di indeterminazione che stabilisce che non si possono applicare previsioni deterministiche al mondo degli atomi (come la mettiamo col come in alto così in basso?) e pone un limite alla conoscenza della natura. Questo, se vogliamo credere al fatto che i grandi innovatori della scienza conoscevano La Dottrina Segreta e alla copia annotata da Einstein che una sua nipote ha donato alla biblioteca di Adyar, è stato il dono del movimento teosofico, ma il ritorno ricevuto è stato altrettanto importante ed a leggere certi articoli di grandi fisici moderni, vedi Feynman, sembra di avere a che fare con delle Upanishad. La matematica ha dato modelli di azioni che includono la possibilità di scelta. Non solo sempre pensieri analogici basati su una via matematica, ma dei modelli che considerano il viverli che li mette a frutto. La vita non è soggetta al mondo, ma può scegliere di comandare. A differenza da quanto successivamente predicato da  presunti “maestri”, tradizionalmente gli aiuti arrivano nel momento del bisogno e non come premio al raggiungimento di un traguardo. “Ogni volta che c’è bisogno mi manifesto” dice Sri Krishna. La teosofia ci parla degli Avatara (giù viene) e dei Manushi Buddha, i Buddha umani, che rappresentano in terra la Gerarchia di compassione.

Fino ad ora, alla metà della quarta ronda, il lavoro della nostra Gerarchia (Creativa) è stato un ripasso, un allenamento, ma d’ora in poi incomincia il lavoro creativo vero. Il lavoro che è sacrificio, il lavoro che si fa senza chiedersi “cosa ci guadagno”. Siamo all’inizio del “viaggio di ritorno”, quando c’è l’inversione di rotta e quindi il massimo attrito. E’ il momento in cui è necessario rompere il “circolo vizioso” in cui, presi dal desiderio di un progresso personale, di un bene malinteso, si continua ad accrescere l’ignoranza.

Nelle note di Mr Bowen vengono altresì date regole di base per uso personale che H.P.B. invitava a tenere sempre presenti durante lo studio, regole che sono la mano caritatevole che guida e sostiene e che, se sempre tenute presenti, impediscono devianze pericolose per sè e per gli eventuali compagni di cammino (pare impossibile, ma in questi casi ce ne sono sempre).

Queste regole sono l’affermazione della fondamentale unità di quanto esiste, del fatto che non esiste “materia morta”, che l’uomo è un “microcosmo” ed infine l’assioma ermetico “come in alto così in basso”, che gli altri riassume e sintetizza. Il mentale ha particolare importanza perché se si tradisce il suo DONO si rinuncia all’umanità e Bowen ricorda come H.P.B. dicesse che l’attività intellettuale ordinaria si muove su dei percorsi del cervello ben battuti... ma che questo tipo di sforzo mentale… scava nuovi percorsi cerebrali e mettesse in guardia per la pericolosità dell’impresa. H.P.B afferma la necessità di non saltare nessun gradino (Esoteric Writings). Ella sostiene la pericolosità del fai da te, la possibilità di sconnettere il sé personale dalle sorgenti più alte, la seconda morte, l’entrata nel nulla. Al contrario, la graduale evoluzione psicologica dell’uomo è affermata inesistente da Krishnamurti e questa è la grande differenza tra il pensiero di Krishnaji e la dottrina teosofica.

Questo “modo di pensare”, diceva la Signora, è caratteristico dello Jnana Yoga: in una progressione che porta a trascendere la mente con le sue immagini (Kalachakra tantra). Ultimamente tre studiosi operanti distintamente, David Reigle negli USA, H.S. Spierenburg in Olanda e un professore dell’università di Benares, hanno convincevolmente dimostrato che “Le Stanze di Dzyan”, il fondamento de La Dottrina Segreta, fa parte del Mula Kalachakra Tantra (un sistema del buddhismo tibetano mahayana). Tantra vuole dire “ordito”, la soggiaciente trama nascosta. Il Kalachakra è parte importante del Kanjur (la parte del canone buddhista tibetano che contiene le parole del Buddha) la sua divisione mistica, il Kiu-Te. Per la Blavatsky lo Jnana Yoga è la via per lo studioso (praticante) della Dottrina Segreta ed il libro è una fonte di segnali sul cammino.

Il messaggio de La Dottrina Segreta ci perviene quindi su due piani.

Ad un primo livello l’opera si presenta come un trattato di metafisica sull’evoluzione cosmica ed umana e, già da quanto si apprende a questo livello, il lettore può trarre, con normale buon senso, un primo insegnamento ad uso personale. Gli viene data una utile bussola per procedere tra maestri d’ogni tipo, una forma mentis che fa sì ch’egli avrà sempre alcune cautele.

Il trattato rende infatti evidente che ogni essere, per quanto progredito, è limitato e può sbagliare e che quindi anche i Maestri, anche le figure più sublimi hanno dei limiti ben precisi e se non ce ne rendiamo conto corriamo il rischio di finire in un’epopea salgariana cantata da vati inturbantati.

La Dottrina Segreta parla di uomini, che ci precedono secondo cicli lunghissimi, che hanno raggiunto in anticipo stati di coscienza che saranno normali per delle razze future (intendendo per razza un periodo d’evoluzione), o per le ronde successive (futuri sviluppi di coscienza), ma che sono sempre delle persone che possono sbagliare, che ci precedono, ma non di tanto. Come in alto così in basso, dagli elementali ai sistemi stellari, alla morte sopravvivono degli skandha; anche per i massimi organismi accade questo, la materia non consente una perfezione che causerebbe la fine di tutto, l’interrompersi dei cicli della vita. Così anche ai massimi livelli cosmici si hanno verità relative, una verità assoluta qualora la si raggiungesse sparirebbe, non ci sarebbe più un oggetto di cui potere essere coscienti. Di vero c’è solo la teodicea, la legge del perfetto equilibrio, l’unica legge che i Maestri riconoscono.

Non esiste una Teosofia in assoluto, ma una progressione di teosofi o meglio di aspiranti teosofi. Uso il termine “teosofo” perché non mi piace “teosofista” all’inglese; dà un’idea di falsità legata all’uso deteriore del termine “sofista”.

Aggiungendo che siamo (in grande maggioranza, suppongo), aristotelicamente, limitati alla phronèsis, alla sapienza pratica, prudente, in attesa di quella volontà lievitante che….. e che forse sarebbe meglio chiamarci teopratici, pellegrini come tutti su quella via che è la divinità stessa (la vita, la verità e la…) una via che non ha fine. Ricordando che come per gli scienziati anche per i teosofi l’effetto aspettativa è un grande pericolo: si trova sovente quello che ci si aspetta di trovare. D’altronde, come Platone fa dire a Meno: “Come cercare ciò che non si conosce?”. C’è la soluzione del Vangelo di Tommaso: “Riconoscete ciò che potete vedere e ciò che è nascosto diventerà manifesto”.

Vago lungo un piccolo sentiero,

c’è un’orma nel muschio

una nube bianca è bassa sul lago tranquillo

delle erbe addolciscono una porta inutile,

cresce più verde per la pioggia un pino,

dalla sorgente sul monte scende un ruscello……

e, confuso con la Verità tra i fiori,

ho scordato cosa dire.

Ling Chang Ching (epoca Tang)

 

Si tratta di intuire, vedendo il cosmo, la sapienza che governa l‘universo, conciliare un evoluzionismo darwiniano che tutto rimette al caso con un creazionismo bigotto. Ammesso un progetto bisogna trovare chi sono il progettista e gli esecutori. Secondo un mondo archetipale simboleggiabile matematicamente da frattali di solidi platonici, “forme” e quindi manifestazione di una vita rivestita di matematica (potrebbe essere una via moderna per una religione dell’occidente e sarebbe la prima religione ad ammettere, grazie a Godel, di non essere in grado di dare una verità). Tutto vive. Questa è la gerarchia infinita.

Da quanto precede risulta che uno dei pericoli maggiori per coloro che iniziano ad interessarsi di “teosofia” per un qualsiasi motivo, sia per curiosità, o per ovviare ad angoscie esistenziali, è il pensare di potere mirare molto in alto. Il passaggio dal “Tutto”, dal Plenum divino, che è spazio bilanciato, ad un uomo che è la concentrazione individualizzata dei poteri creativi, è un processo che richiede miliardi di anni ed una interminabile successione di cicli di minimizzazione. Si parla di lunghissimi periodi di tempo e non credo si possa pensare di raggiungere nel breve spazio di una vita, anche ammettendo eccezioni dovute a particolare dignità, non dico la “teosofia”, la Sapienza suprema, ma anche solo quegli stati di coscienza che La Dottrina Segreta ci dice proprii di razze, anzi di ronde, successive. Beati gli umili, il Discorso della Montagna è molto preciso.

L’importante è conoscerci, cercare di vederci nel nostro contesto spazio temporale e fare del nostro meglio. Ogni maestro, per quanto progredito, deve essere unicamente considerato come un compagno di viaggio con un po’ più di esperienza. Anche la palingenesi, la morte e la rinascita in vita, non potrebbe rendere esseri sublimi, ma è un processo che porterebbe unicamente al progresso consentito dalle cause pregresse.

Per cui non si può chiedere un’interpretazione de La Dottrina Segreta che sia più di un utile esercizio dialettico, l’opera di H.P.B. deve essere considerata non come un fine, una meta da conquistare, ma come uno strumento.

Da queste ultime osservazioni si può comprendere la necessità di prestare estrema attenzione specialmente quando si pensa di avere raggiunto delle certezze, di avere capito. E’ un momento pericoloso.

La luce improvvisa acceca ed impedisce di vedere dove si è finiti, di riconoscere nello specchio il cretino cognitivo (colui che sa già).

Questo, si può osservare, è l’insegnamento che nei secoli hanno dato molti saggi, ma La Dottrina Segreta è un buon “libro” e, senza troppo filosofare (primum vivere), vi troviamo un di più.

Oltre ai fondamenti per una adeguata conoscenza teorica, il trattato convoglia un insegnamento silenzioso, di cui Mr Bowen presume che la stessa Blavatsky non fosse completamente conscia: il suono del Logos. Non la dottrina dei Maestri personalizzati a cui così sovente la storia della Società Teosofica fa riferimento, che se pensassi che il movimento teosofico sia questo non ne farei più parte, ma l’immensità (per noi, ma pur sempre relativa) che li trascende e li rende una sola mente ed un sol labbro.

La vita immensa, la coscienza che si manifesta ovunque, dall’elementale all’uomo, parla di sé, di Teosofia. Senza alcuna necessità di appoggiarsi ad una qualsiasi autorità, sia pure quella di Maestri, del Cristo o del Buddha.

Troppo sovente nel secolo che è passato non si ascoltò il battito di un “cuore” nel trattato di metafisica. Quando un’opera è ispirata dalla generosità, da karuna, la compassione (se non si pensa che esista un qualcosa che si chiama “gli altri” il discorso diventa complesso e molto interessante) essa è scritta con la lingua parlata da chi segue la “via del cuore”. Al proposito è interessante osservare la differenza tra Iside e La Dottrina Segreta.

La lettura de La Dottrina Segreta può dare abbrivio ad una consapevolezza del sacro che rende attenti, trascendendo la mente e le sue immagini, le serpi di Megera e che abitua ad osservare il mondo, a vedere. Vedere che per Paolo, greco, è orare, pregare. Una continua attenzione che è la paolina continua orazione esicastica, senza giaculatorie. Dice il Dhammapada: “l’attenzione conduce all’immortalità….. i disattenti sono come già morti”.

La Blavatsky, che ci racconta miti e leggende di stupefacente antichità, è singolarmente attuale, pragmatica, ci parla di passato e di futuro per insegnarci a vivere nel presente. Il tamasico passato che lega alla personalità ed il futuro rajasico che ci impone continuamente di agire, serviti dalla memoria che è sia rimpianto che paura, si armonizzano sattvicamente nel presente. Padroni della ruota del tempo (kalachakra). Per questo Tantra (dottrina tantrica) il Tempo è la Realtà suprema; il tempo archetipico dei Veda, che compare come la ruota esterna cioè gli avvenimenti dell’universo e quella interna, cioè la realtà psicofisica di ogni uomo ed infine come la ruota alternativa che è la mediazione tra le due precedenti instaurata dai praticanti questa disciplina.

L’arte di vivere nel presente è l’alchimia, “arte delle bilance” la chiamò Al Jabir.

La Signora insegna ad essere liberi, padroni di fletterci ai venti come alberi dalle radici ben piantate in terra. Conoscendo noi stessi, rendendoci conto che si vale in quanto noi stessi, in grado di attuare il volere del padrone solo mettendo evangelicamente a frutto proprio quel dato numero di talenti ricevuti.

Ogni cellula di un organismo è utile, ma vale solo in quanto se stessa, in quanto in grado di compiere il proprio lavoro hic et nunc in armonia, nella meraviglia dell’equilibrio che i poteri del Logos, le shakti, le sue spose, mantengono fra le vicissitudini del mondo. Ad ogni livello c’è un ”qui ed ora”: un luogo di Realizzazione e di Liberazione. Tenendo presente che l’Illusione e l’Ignoranza sono modi in cui la Coscienza Suprema manifesta se stessa; che nei difetti innati, i klesha, e nella possibilità di trascenderli sta il potere creativo. A questo punto non possiamo trascurare il problema del male, delle deformità, delle malattie, delle crudeltà senza fine. Ordine e disordine è il problema, Caos e Cosmos, Shiva e Brahmà, il distruttore ed il datore di ordine, Set e Horus; a riguardo di questi ultimi bisogna notare come il primo (a partire dal Regno di Mezzo) fosse considerato il male e l’altro il  bene…. Horus però, l’Horus dei due orizzonti, è duale, ha in sé sia ordine che caos (Set) a indicare che si era ben consci che nel cosmo l’aspetto ordine, il cosiddetto bene, non può mai essere disgiunto dal disordine, dall’aspetto caos, a significare che nel mondo esiste il male anche nel bene. Il Caos si alterna con un Cosmos che a sua volta ha una componente caotica. Ogni Ente, a qualsiasi livello, è bipolare, ha qualità antitetiche. E questo sia per quanto riguarda l’aspetto coscienza che quello materiale.

In ogni dharma è il DHARMA e non c’è bisogno di abbandonare nulla, ma di vedere la legge, la “divinità”, in tutto. Un Tutto costituito da Materia e Spirito uniti da Fohat, un tutto visto da un uomo che è il ponte tra cosmos e caos, da un ego che è ponte tra sé e non sé. Vedere la Legge, in quanto anche i concetti più sublimi come l’Atman o lo Svabhada (ciò che fa si che una cosa sia ciò che è), non sono cose, come facilmente si è tentati di pensare, non hanno thingness, sostanza, tutto è maya. Tutto quello che esiste non esiste e quello che non esiste esiste. La materia è indistruttibile solo in quanto: materia = energia.

In ogni organismo, quando delle cellule perdono, in prospettiva soteriologica, l’equilibrio, crescono presuntuose neoplasie e questo avviene anche nella società, della quale gli uomini sono le cellule. La disarmonia si ha quando o sat-tamas, la luciferina egoistica determinazione, o cit-rajas, il bisogno di cambiare, prevalgono l’un sull’altro impedendo ananda-sattva. La realtà che ci fa essere ciò che si è, tathatà.

Anche le doti più belle come l’altruismo hanno da manifestarsi naturalmente e non perché così si deve fare per essere buoni, per essere veri teosofi (quelli DOC, quelli migliori degli altri fratelli).

Si dovrebbe essere come i fiori di campo, senza l’assillo dei bisogni, da noi stessi creati, che spingono a voler divenire qualcos’altro, come anche il bisogno che un giorno ci ha spinti a comprare e leggere La Dottrina Segreta, strumento che come tutti gli strumenti può essere usato bene o male: uccidere Medusa o esserne pietrificati.

Morale: le buone librerie hanno bisogno di buoni clienti. Nessuno, nessun maestro, nessuna società, nessuna chiesa è in grado di agire al nostro posto, di “leggere” per noi.

Con questo non è che sia una gara a chi legge meglio, poiché la vigna (kerman in ebraico) in cui lavoriamo è quella del Padrone, di karana, la causa incausata di tutte le cause (il papà dei figli prodighi) ed anche i vignaioli ultimi arrivati prendono la stessa paga dei primi.

Le mie parole sono facili da capire e da mettere in pratica

Tuttavia sotto il Cielo nessuno le capisce e le mette in pratica

Le mie parole hanno un antenato e i miei atti un Signore

Non capendo questo gli uomini non mi capiscono

Per cui Sono pochi coloro che mi capiscono e quindi valgo molto

il saggio veste di lana ruvida e porta sotto la sua giada

Tao Te Ching

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