SAMVADA

Di: Radha Burnier, attuale presidente mondiale della S.T.

In India numerose opere religiose e filosofiche, inclusa l’universalmente conosciuta “Bhagavad Gita”, sono descritte come conversazioni (samvada) tra un devoto, un ricercatore, un indagatore (della Verità) ed un essere divino o saggio.

         Samvada non significa solamente parlare insieme, ma anche essere in sintonia e armonia nella relazione.

         Il significato sottinteso di questo termine suggerisce che, allo scopo di perseguire una fruttuosa indagine religiosa, il ricercatore non deve avere barriere interiori quando si accosta ad un saggio o ad un istruttore.

         Se i suoi interrogativi sono posti con spirito superbo o scettico, o con dubbi latenti sul valore del maestro, il contatto tra le due volontà non è utile.

         Il maestro da parte sua, se è un vero saggio, non ha pregiudizi ed è disponibile nei confronti dello studioso e di ogni ricercatore.

         Questo, e altro, è implicito quando si utilizza il termine “samvada” per descrivere gli insegnamenti religiosi dati, secondo l’opinione comune, da alte fonti e trascritti nelle opere antiche.

         La “Bhagavad Gita” non consiste solamente in un lungo discorso; esso è frammezzato da osservazioni, commenti ed interrogativi di Arjuna.

         Un altro famoso testo religioso, che fa parte della letteratura buddhista, presenta delle discussioni tra il saggio Nagasena e il re Milinda, un re Bactrian conosciuto anche come Menandro.

         Allora i re non erano esenti da profonde ricerche religiose; molti di loro andavano come umili ricercatori da uomini di cultura e ricevevano consigli non solo per scopi pratici, ma anche per chiarire la loro veduta filosofica e religiosa e ricevere ispirazione per avanzare verso l’illuminazione spirituale.

         Tradizionalmente il ricercatore era incoraggiato a porre delle domande. A volte si trovava posto di fronte a domande enigmatiche e doveva scoprire da solo le riposte.

         In inglese la parola “dialogo”, applicata alle conversazioni incluse nelle opere di Platone e, in tempi recenti, alle discussioni che Krishnamurti sosteneva con seri ricercatori, ha bisogno di essere spiegata, come è stato fatto da David Bohm e da altri, perché non ha l’insita risonanza del sanscrito “samvada”, ma il significato è lo stesso.

         Il ricercatore non deve essere un ascoltatore muto, ma attivo, vibrante e corrispondere, dal suo livello, in modo tale da procedere armoniosamente con il maestro verso una più profonda consapevolezza e comprensione.

         Questo può aver voluto significare l’osservazione di Krishnamurti che la comunicazione ha luogo quando due persone si incontrano nello stesso momento, allo stesso livello o con la stessa intensità.

         L’intensità dell’ispirazione del discepolo alla verità deve coincidere con quella del maestro a condividere.

Essere allo stesso livello può non essere riferito al livello di comprensione, ma piuttosto ad un accordo (una armonizzazione>) tra due note in due ottave diverse.

Come ha scritto uno dei Mahatmas: “ La ricettività deve essere pari al desiderio di insegnare”.

         La liberazione dalla dissonanza interiore rende manifesta una profonda affinità, un vibrante senso di unità.

Una seria conversazione di natura religiosa o spirituale, che conduca in profondità, è impossibile quando esistono preconcetti e pregiudizi in colui che ricerca.

Naturalmente questi non sono presenti nel maestro perché, se ci sono, non è un autentico maestro possessore di saggezza.

         Quindi, di volta in volta, le persone consapevoli di queste difficoltà hanno messo in evidenza la necessità della libertà interiore, libertà da preconcetti e da idee fisse.

Colui che veramente ricerca deve spogliarsi delle sue passate idee ed opinioni, cessare di ragionare e di discutere e preoccuparsi esclusivamente della Verità.

Scrive Madame Blavatsky: “La sua mente deve essere perfettamente libera da tutti gli altri pensieri, così che vi possa essere impresso il significato recondito delle istruzioni, indipendentemente dalle parole di cui esse sono rivestite”.

Prendere le parole e dimenticare che esse sono simboli, è stata la rovina degli uomini e donne che avevano tendenze di tipo religioso.

Questa è una trappola nella quale molte persone cadono inconsciamente.

Quando c’è un chiaro riconoscimento che le parole sono semplici simboli, utili mappe per indicare la direzione, e che “non c’è religione più alta della verità” e quando la mente non scambia la conoscenza dei concetti e le parole per verità, le divisioni religiose e settarie non possono esistere.

         Tutti i veri aspiranti, anche se esteriormente collegati con questa o quella tradizione, sono come le dita di una mano.

         La verità è una esperienza sempre viva, dinamica e consapevole e quelli che “conoscono” hanno quindi sempre incoraggiato lo spirito di ricerca che conduce alla realizzazione interiore.

         Gli scambi fatti nello spirito giusto, se li chiamiamo dialogo, discussione o “samvada”, sono un mezzo.

         Quando il ricercatore partecipa, con le sue rispettose e serie domande, al lavoro di scoprimento della verità, come hanno fatto Arjuna e tanti altri, non ci si stabilizza in un modello.

         Poi la luce può venire da dentro e uno può abbandonare il piano delle parole e delle idee, almeno per una volta, per quello dell’intuito o dell’esperienza vera.

Generare la violenza futura

Il XX secolo è stato definito : “Senza dubbio il più feroce secolo di cui abbiamo testimonianza per la gamma, la frequenza e la lunga durata delle guerre di cui è pieno”.

         Sofferenze enormi e molto diffuse sono state inflitte ai civili e non solo ai combattenti.

         Un effetto di questi terribili conflitti è che molti bambini sono rimasti orfani, mutilati, traumatizzati; molti di loro sono diventati appartati, altri violenti e molti che erano nati durante periodi di conflitti non hanno ricevuto un’educazione.

La sola cosa che hanno imparato è che devono combattere per mangiare e sopravvivere.

Ora è un fatto accettato che l’educazione è la chiave, sia per il controllo della popolazione, sia per lo sradicamento della povertà.

In Africa milioni di bambini non frequentano mai la scuola elementare e la situazione è solo leggermente migliore nel complesso dei paesi sottosviluppati.

I bambini rimangono orfani non solo a causa delle guerre ma anche per la rapida diffusione dell’Aids.

Secondo l’Unicef, tredici milioni di bambini diventeranno orfani entro la fine del 2000.

Molti di loro vivono in paesi estremamente poveri e i nonni, che vivono al limite dell’inedia, non hanno molte possibilità di far fronte alla situazione.

I bambini provvedono a se stessi ad una età molto giovane e si assumono, nella misura in cui possono, la responsabilità dei fratelli.

Lasciati sulla strada, essi sono minacciati, sfruttati e sottoposti ad abusi da parte di vicini lascivi o di gente di passaggio.

Il rapporto dell’Unicef dice: “Spesso emozionalmente vulnerabili e in condizioni finanziarie disperate, i bambini orfani sono più probabilmente vittime di abusi sessuali e costretti in condizioni di sfruttamento, come la prostituzione, come mezzo di sopravvivenza”.

Lo Zambia risulta avere la più alta percentuale al mondo di bambini orfani, lasciati indifesi dopo che i genitori sono morti di Aids; nella sola capitale Lukasa, ce ne sono trentasettemila sulle strade.

Nell’euforia per il nuovo secolo ed il nuovo millennio, facciamo una pausa per pensare come pochi delle future generazioni cresceranno in condizioni che faranno il nuovo secolo migliore di quello passato.

Il futuro sarà sicuramente una continuazione del presente, in cui sempre più i ragazzini, e perfino i bambini, verranno usati come soldati nelle zone di combattimento.

Fin da piccolo imparano ad uccidere e  diventare immuni alla vista dei massacri e delle sofferenze.

Questi futuri cittadini del mondo che stanno diventando adulti con l’idea che la ferocia è normale nella vita umana, non faranno il mondo più violento?

Anche nelle situazioni in cui non si combatte, quando le armi sono facilmente disponibili, i bambini che ne uccidono altri affrontano processi ed incarcerazioni come fossero dei criminali adulti.

Il più giovane ad essere giudicato come un adulto (in Michigan, U.S.A.), a undici anni aveva avuto a che fare con la polizia venti volte; a tredici anni , quando fu processato per omicidio, capì a stento il procedimento legale del tribunale.

Secondo i rapporti, tra il 1992 ed il 1995, quarantuno degli stati U.S.A. hanno approvato la legislazione per la detenzione dei bambini e per giudicarli come adulti quando abbiano commesso “crimini da adulti”. In ventiquattro di questi stati i ragazzini possono essere giustiziati.

Quando vengono messi in prigione con gli adulti molto probabilmente diventeranno bruti incorreggibili.

Nella sola Florida settemila minorenni sono stati processati in un anno in tribunali per adulti.

I centri di detenzione sono pieni di giovani criminali non solo negli Stati Uniti ma anche in altre parti.

Alcuni sono nei “boot camps”, luogo in cui sono addestrati all’obbedienza con severe punizioni, nonostante si stia lentamente capendo che un trattamento duro è controproducente ed ha come risultato quello di farli divenire criminali incalliti.

In un recente resoconto del giornale “The Hindu”, a Chennai descrive come i bambini siano utilizzati nei macelli come la più conveniente forma di manodopera.

Raccolgono il sangue degli animali morti , trasportano le carcasse e l’immondizia e fanno altri lavori che i membri adulti del gruppo vogliono rifilare loro.

Le condizioni sono abominevoli, ma i bambini ci si abituano.

Fin da piccoli imparano a fumare e a bere e si ammalano.

Secondo i pediatri i danni psicologici sono peggiori delle malattie: “Sono così abituati alle torture e alla violenza che presto non vedranno la differenza tra il sangue degli animali e quello degli esseri umani”, dicono.

Nel caso dei due ragazzi inglesi di undici anni che, rapito un bambino di due anni da un centro commerciale, l’hanno torturato ed ucciso, il “Tribunale Europeo per i Diritti Umani” ha deciso che non era stato fatto loro un giusto processo.

Mentre venivano condotti in tribunale, la folla infuriata urlava contro di loro ed in tribunale gli spettatori non nascondevano la loro ostilità.

Quello che era successo era naturalmente shockante, ma i “criminali” erano bambini.

Quando fu apparentemente fatto un tentativo per ottenere loro di partecipare ai procedimenti giudiziari e consultare i loro avvocati, essi non furono in grado di cooperare.

E’ davvero strano aspettarsi che bambini piccoli si comportino con maturità!

Che cosa ha prodotto la loro azione? Cosa c’è di sbagliato nel modo attuale che incita i giovanissimi a commettere tali crimini?

Non si tratta solo dei bambini che lavorano nei macelli o di quelli che lavorano negli stabilimenti agricoli, anche coloro che  vedono i genitori prendere i fucili per sparare a scoiattoli, uccelli e cervi non imparano a distinguere tra animali ed esseri umani. A loro uccidere sembra normale.

Il nuovo secolo sarà civilizzato quando milioni di questi ragazzi che imparano ad essere brutali e assassini saranno parte della popolazione adulta?

I bambini sono come tenere, giovani piante che non possono diventare buoni alberi quando sono costantemente colpite e maltrattate.

Hanno bisogno di una atmosfera affettuosa, dell’opportunità di crescere nella consapevolezza dei valori umani.

Quelli che si preoccupano del futuro devono quindi battersi inequivocabilmente per un mondo senza guerre e senza crudeltà praticate su esseri umani o animali.

La Terra deve essere preparata alla compassione umana.

Da “The Theosophist”  febbraio 2000

Traduzione di Daniela Cavazzuti.

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