

LE ROCCHE DEI CATARI
Se andate in vacanza nel Sud 
della Francia, vi proponiamo un itinerario insolito.
Lasciate l'autostrada 
subito dopo Narbonne; invece di dirigervi verso Carcassonne e Tolosa, prendete 
la  D 613 e addentratevi tra le gole del Corbières. 
Passerete vicino 
all'abbazia di Fontfroide, che risale all'anno Mille.
Scegliete una bella 
giornata di sole: la strada non è molto larga, il paesaggio è cupo, spesso arido 
e scabro, il suolo sempre umido, l'atmosfera tetra. 
 Non 
andate diritto verso Couiza; passereste vicino a Rennes–le–Chateau e 
sicuramente cedereste alla tentazione di fermarvi subito.
Sappiamo che ne 
avete sentito parlare fino alla nausea; sappiamo anche che ne vale la pena, 
ma... questo è un altro viaggio.
E se vi interessa Rennes, non perdete la 
serie di articoli di Mauro Vitali (li trovate nell'Archivio 
di Specchio Magico).
Nella foto, cartina dei "Paesi Catari"
Al bivio voltate verso Durban, Tuchan, Paziols, Padern: una strada ad anello vi porterà alla cosiddetta "route des chateaux cathares", che collega quattro dei sei principali castelli dei Catari.
Presso Tuchan, una strada 
lunga due chilometri porta ad Aguilar, il più orientale, circondato da vigneti, 
da ginestre e da cespugli di rosmarino.
Il castello ha una struttura centrale 
circondata da mura interrotte da sei torri identiche, ancora ben 
conservate. 
  
A lato, castello di Aguilar
Proseguendo per la strada 
principale arriverete nel villaggio di Cucugnan, famoso per i Racconti del 
curato di Cucugnan, attribuiti ad Alphonse Daudet, l'inventore del 
personaggio di Tartarino di Tarascona.
Il paese è dominato da Queribus e dal 
dirimpettaio Peyrepertuse,  i più 
 inaccessibili 
del gruppo; se salirete a visitarli, capirete perché Peyrepertuse fu chiamato 
"più alto del cielo" e perché i due castelli furono le ultime roccaforti catare 
a cadere. 
Nella foto, castello di Peyrepertuse
 Sopra Lapradelle troverete 
Puilaurens, dove il paesaggio si fa meno arido e più boscoso ed il panorama 
lascia stupiti per la sua bellezza selvaggia. Nelle sue gallerie sotterranee si 
nascondevano i Catari dopo gli scontri con i crociati.
Vi avvertiamo che per 
arrivare in cima a queste rocche occorrono... zampe da capra di 
montagna.
 
Nella foto, castello di Puilaurens
 Adesso che vi siete fatti una 
faticaccia, scendete fino a Quillan. 
Qui potete fare una sosta, rilassarvi, 
riposarvi e bervi uno dei buoni vini locali, magari un bianchetto di 
Limoux.
Poi preparatevi, perché stiamo per raccontarvi una brutta 
storia.
Sorpassate la cittadina di 
Quillan e lungo la D117 troverete il castello di Puivert. 
Procedendo per la 
stessa strada, da ultimo raggiungete Montségur. 
Il più famoso, il più 
tragico, il più magico. 
Di questi due castelli parleremo più avanti.
Poi 
potrete tornare indietro, visitare Carcassonne con le sue mura e le sue torri, 
la rossa Tolosa ed infine Albi, dove tutto cominciò e dove tutto 
finì.
Nel 1146 fu segnalato per la 
prima volta, da Geoffroy d'Auxerre, che "il popolo della città di Albi era 
infestato dall'eresia". 
Alla cosa non fu dato eccessivo peso. 
Gli 
eretici chiamavano se stessi Catari, nome che deriva dal greco e 
significa "i puri"; poiché avevano la loro roccaforte più famosa appunto ad 
Albi, nel sud della Francia, furono chiamati anche Albigesi, definizione coniata 
nel Concilio di Tours. 
Caratteristica degli eretici era il dualismo, 
ispirato alle religioni orientali manichee e basato sui due principi del bene e 
del male. 
Nessuno era mai riuscito a spiegare davvero perché c'era il male 
nel mondo, ma i Catari diedero, a modo loro, una risposta: un Dio buono aveva 
creato il mondo spirituale, un Dio malvagio, chiamato Rex mundi (re del 
mondo), aveva dato origine al mondo materiale. 
Le due divinità erano in 
continua lotta per il predominio; dato che il cataro sceglieva il Dio del bene e 
dello spirito, e rifiutava il Dio del male e della materia, era quindi costretto 
a negare la vita corporea e tutto quello che veniva dal Dio della materia: per 
esempio, la procreazione, cosa impura che era assurdo santificare con un 
sacramento (era tollerata la libera unione senza matrimonio, purché si usassero 
metodi di contraccezione); anche gli alimenti che ricordavano l'origine della 
vita, come la carne, le uova, il formaggio ed il latte, erano vietati a favore 
di uno stretto regime vegetariano, interrotto da periodi di digiuno 
purificante. 
Il suicidio per fame, chiamato "endura", veniva 
considerato un atto virtuoso, massima dimostrazione di fede, perché la morte 
avrebbe impedito il ritorno nel peccato.
Coloro che volevano diventare 
"perfetti" ( in lingua d'oc perféit indicava una persona che aveva preso 
gli ordini, come un sacerdote) dovevano rinunciare a tutti i piaceri del corpo e 
vivere in castità, umiltà e povertà, vestendo sempre di nero e mangiando 
pochissimo. 
La cerimonia del ricevimento degli ordini, detta 
"consolamento", si svolgeva nel corso di un'assemblea, che veniva tenuta 
in un posto qualsiasi, dato che i Catari non avevano templi per il loro 
culto.  La santità dei "perfetti", il loro rigidissimo ascetismo ed il loro 
ardore fecero grande presa sulle folle.
All'inizio la Chiesa usò 
contro gli eretici metodi pacifici: si pensò di mandare predicatori 
cistercensi a catechizzare gli abitanti, riconducendoli all'ortodossia.
Le 
prediche ebbero un insuccesso totale: gli eleganti predicatori, incarnazione del 
fasto delle abbazie cistercensi, furono accolti con freddezza, con derisione o 
con astio dal popolo. Il vescovo spagnolo Diego d'Osma ed il suo collaboratore, 
Domenico de Guzman, escogitarono un nuovo tipo di modo di predicare, più 
semplice e vicino al popolo.
L'idea era buona, ma il popolo reagì con 
indifferenza.
Il potere centrale era al 
momento deficitario, in quanto il re Filippo Augusto era impegnato a combattere 
gli Inglesi ed i loro alleati nelle regioni del Nord–Ovest, per cui il papa 
Innocenzo III si rivolse a Raimondo VI, nipote di quel Raimondo IV, conte 
di Tolosa, che era stato uno dei capi della Prima Crociata per la liberazione 
della Terrasanta.
Con suo orrore, il pontefice scoprì che i signori delle 
terre del Sud non solo tolleravano, ma in molti casi sostenevano l'eresia: 
Raimondo rifiutò di aderire ad una lega contro gli eretici, per cui fu 
scomunicato dal legato pontificio, Pierre de Castelnau. 
Innocenzo III si rese conto 
che la situazione era gravissima; scrisse allora a tutti i vescovi delle città 
del Midi, affermando che occorreva un'altra Crociata nei territori contaminati 
dall'eresia, non potendo la Chiesa appellarsi al braccio secolare, dato che i 
nobili erano d'accordo con gli eretici.
Questo particolare stabilì un 
precedente: in seguito, durante il Concilio Lateranense (1215), non ci si 
limitò a condannare genericamente ogni forma di eresia, ma addirittura vennero 
scomunicate le autorità secolari che non punivano gli eretici.
I nobili 
furono obbligati per legge a "forzare i fedeli a denunciare gli eretici", 
ammettendo la delazione senza prove: un'arma pericolosissima per gli inevitabili 
abusi. 
Il legato pontificio tentò di 
nuovo, invano, di convincere Raimondo; uscito dal burrascoso colloquio l'uomo 
venne ucciso da un sicario, che fu subito definito "uomo di Raimondo", malgrado 
nessuno potesse provare la responsabilità diretta del conte di Tolosa 
nell'omicidio. La situazione precipitò.
Il 10 marzo 1208 il papa canonizzò 
Pierre de Castelnau, martire della Chiesa, ed indisse la Crociata contro gli 
Albigesi, promettendo la terra a coloro che sarebbero partiti per liberare 
il Midi dall'eresia.
Alla chiamata risposero i più grandi casati francesi del 
Nord, ma anche Tedeschi, Inglesi, Frisoni e Slavi. I soldati, guidati da Simone 
di Montfort, portava sulla tunica la croce, esattamente come coloro che 
combattevano in Terrasanta, e, come tutti i Crociati, sapevano di avere la 
remissione di ogni peccato (con un biglietto di ingresso per il paradiso) oltre 
a più prosaici vantaggi: il pingue bottino che potevano fare nelle ricche terre 
del Sud. 
Infatti i principali centri catari erano in Linguadoca, da 
lungo tempo spina nel cuore per i sovrani francesi, patria di quella splendida 
civiltà occitana che in pieno Medioevo precorse il Rinascimento: era la terra 
della lingua d'oc, dei trovatori che cantavano l'amor cortese, dei giochi 
floreali, sostenuta dalla potenza e dalle ricchezze dei conti di Tolosa, che 
venivano, con disprezzo ed invidia, chiamati "i re del Mezzogiorno". 
C'era anche un motivo 
religioso per odiare la Linguadoca: questa era stata per due secoli seguace 
dell'arianesimo, poi aveva ospitato tranquillamente Musulmani ed Ebrei, 
sviluppando il gusto della discussione su temi religiosi senza perdere mai lo 
spirito tollerante.
L'unica chiesa impopolare, per il suo carattere del tutto 
contrario alla cultura occitana, era proprio quella cattolica. 
In poche 
parole, questo abominio andava eliminato ed ai Crociati non parve vero di averne 
l'opportunità.
Essi calarono come un'orda di barbari e, con la stessa 
fanatica violenza che li aveva spinti contro l'Islam a Gerusalemme, misero la 
Linguadoca a ferro e fuoco per vent'anni, sterminando la popolazione di intere 
città, senza stare a guardare se chi moriva era eretico o no, tanto "Dio 
avrebbe, nell'aldilà, riconosciuto i suoi". 
Chi si pentiva e chiedeva pietà 
non veniva comunque risparmiato, perché "se era davvero pentito, il rogo era la 
giusta espiazione per i suoi vecchi peccati, se non era davvero pentito il rogo 
era la giusta punizione per la sua perfidia". 
La prima a cadere 
fu Béziers; buona parte dei suoi abitanti fa sterminata, altri morirono 
nell'incendio che i Crociati appiccarono per distruggere il nido di 
eretici.
Venti giorni dopo si arrese Carcassonne. Al conte di Tolosa furono 
proposte condizioni di resa umilianti, che vennero rifiutate.
Seguirono anni 
di battaglie e di massacri.
Il castello di Puivert fu cinto d'assedio 
e cadde dopo soli tre giorni.
Non era stato costruito per combattere, bensì 
per ospitare le Corti d'amore, le riunioni di belle dame e dei trovatori che ne 
cantavano la grazia.
Puivert era una dimora elegante ed accogliente, l'ideale 
per ospiti
 regali; la sua sala principale, detta "dei musici", è 
ornata dalle figure degli strumenti musicali dell'epoca.
Il cortile era fatto 
per giochi cavallereschi, le basse mura non potevano fermare alcun 
nemico.
Nella foto, ingresso al castello di Puivert
Cadde, ma non fu 
distrutto; si preferì darlo, come preda di guerra, ad una famiglia fedele a 
Simon de Montfort. 
I legittimi proprietari, la famiglia dei du Congost, ne 
furono cacciati.
Una degli ultimi discendenti andò a morire a 
Montségur.
La Chiesa lottò 
contro i Catari con le armi dei Crociati e con l'Inquisizione, affidata 
soprattutto ai Frati Domenicani.
Nel 1242 un gruppo di inquisitori, 
capeggiati da Guillaume Arnaud, famoso per la sua crudeltà nei confronti degli 
eretici, istituì un tribunale nella città di Avignonet, nel Lauraguais, per 
giudicare i Catari. Gli inquisitori furono assassinati da un gruppo di sicari; 
poiché la città apparteneva al conte di Tolosa, egli ne fu incolpato.
I 
responsabili si rifugiarono a Montségur.
Nella foto, 
castello di Montségur
 Il castello fu 
cinto d'assedio per mesi e mesi.
La sua posizione lo rendeva, se non 
inaccessibile, comunque difficile da prendere.
Gli abitanti non soffrirono 
mai la fame: una delle battute che circolavano tra gli assediati era che da 
Monteségur si andasse e venisse tutti i giorni. 
Infine si venne ad un 
accordo. I Catari rifugiati nel castello chiesero 15 giorni per discutere della 
resa.
La notte tra il 15 ed il 16 marzo 1244 quattro catari fuggirono da 
Montségur, portando via qualcosa di molto prezioso.
La mattina del 16 marzo 
un ambasciatore rifiutò, a nome dei Catari, la conversione e la salvezza. Tutta 
la popolazione catara (più di duecento persone) fu fatta uscire dal castello, 
ammassata in una radura ai piedi della montagna e bruciata viva in un rogo 
collettivo.
Che cosa era 
l'oggetto prezioso, portato fuori nottetempo?
Si è parlato di oro e pietre 
preziose, un tesoro accumulato negli anni, custodito a Montségur, depositato dai 
grandi signori della regione per sottrarlo alla rapacità dei Crociati. Oppure di 
documenti importantissimi per la Cristianità, che avrebbero potuto stravolgere 
la storia.  O, ancora, di un solo, eccezionale, oggetto: il Santo 
Graal.
Alcuni studiosi hanno formulato l'ipotesi che il Graal, rimasto 
per secoli nella zona di Nimes, dopo esservi stato portato da ebrei in fuga, 
fosse finito nel castello di un nobile, poi convertito al Catarismo: la Crociata 
sarebbe stata solo il pretesto ufficiale per riprendersi la 
reliquia. 
Leggenda o realtà? Nessuna di queste ipotesi è mai stata né 
confermata, né smentita.
Ma in tutta la zona ci furono strani avvenimenti, 
nel corso dei secoli, che legarono tra loro indissolubilmente i Catari, i 
Templari, l'Ordine di Sion ed il Graal, e forse anche il segreto di una stirpe 
di origini divine (file aggiornato nel Novembre 2004).
Dal sito: www.specchiomagico.net : 
Per gentile 
concessione del portale e dell'autore.
