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Sulle tracce dell'Arcangelo Michele:
tradizioni, apparizioni, luoghi di culto
di: Paola Giovetti
Viene presentata in questo articolo una sintesi delle ricchissime tradizioni relative all’arcangelo Michele, al suo ruolo di vincitore del male, accompagnatore delle anime nell’al di là e angelo terapeuta, alle sue apparizioni e alla successiva creazione di importanti santuari. L’autrice, che ha compiuto una vasta ricerca da cui ha tratto il libro Le vie dell’arcangelo. Tradizioni, culto, presenza dell’arcangelo Michele (Edizioni Mediterranee 2005), descrive come il culto dell’arcangelo Michele, protettore del popolo di Israele, si sia diffuso rapidamente anche nel mondo cristiano, favorendo attraverso l’apparizione all’imperatore Costantino, l’ufficializzazione della religione cristiana fino a quel momento perseguitata. Celebri le apparizioni che portarono alla scoperta della grotta sul Gargano (Monte Sant’Angelo), quella di Roma a Papa Gregorio Magno e quelle che ebbero come conseguenza la creazione dei santuari di Mont Saint Michel in Normandia e di San Michele della Chiusa in Val di Susa presso Torino. Michele arcangelo fu l’ispiratore delle gesta di Giovanna d’Arco, come ella stessa testimoniò al processo che la condannò al rogo, ed ebbe un ruolo di primo piano nelle apparizioni della Madonna di Fatima. Innumerevoli i suoi devoti e numerosissimi i templi a lui dedicati in Italia e nel mondo.
Un recente studio sull’arcangelo Michele (da cui ho ricavato il
libro Le vie dell’arcangelo. Tradizioni, culto, presenza dell’arcangelo
Michele, Edizioni Mediterranee 2005), mi ha portata ad individuare una (per
me) insospettata ricchezza di tradizioni legate alle sue apparizioni con
conseguente fondazione di innumerevoli luoghi di culto, molti dei quali assai
famosi, nonché di legami del potente arcangelo con personaggi ed eventi storici
di notevole importanza: basti ricordare che per i longobardi il culto di
Michele arcangelo costituì un vero e proprio instrumentum regni.
Nel breve spazio di un articolo propongo alcune di queste tradizioni.
Insieme a Gabriele (l’angelo dell’annunciazione a Maria) e
Raffaele (il compagno di viaggio), Michele è citato per nome nell’Antico
Testamento nel ruolo fondamentale di vincitore del male, e quindi di campione
del Bene, di accompagnatore delle anime nell’aldilà e di angelo taumaturgo.
Protettore del popolo di Israele, Michele ebbe ben presto un ruolo fondamentale
anche presso i cristiani. L’origine del culto cristiano degli angeli è da
ricercarsi in Frigia, l’odierna Turchia, nella città di Chonae, l’antica
Colossi, dove vivevano molti ebrei ed ebrei-cristiani. Di lì la venerazione per
l’arcangelo si diffuse in tutta l’Asia Minore, quindi da Bisanzio in Italia e
poi al nord europeo.
A Bisanzio nei primi secoli dell’era cristiana Michele era
venerato come principe degli angeli e taumaturgo. Ne abbiamo notizia attraverso
le opere dello scrittore Sozomeno, vissuto a Costantinopoli e autore di vari
libri sulla storia della Chiesa.
Egli riferisce, per esempio, che a Costantinopoli c’era una
chiesa dedicata a Michele ritenuta la più bella del luogo. Essa era stata
chiamata Michaelion perché si credeva che l’arcangelo Michele vi
apparisse ed operasse miracoli. Vari esempi riportati da Sozomeno fanno capire
che i bizantini usavano dormire nel tempio dedicato a Michele come in epoca pre-cristiana
gli ammalati facevano nei templi dedicati al dio-medico Esculapio; durante la
notte l’arcangelo appariva in sogno e indicava il da farsi. Il Michaelion
di Costantinopoli era famoso in tutto il mondo allora conosciuto.
All’alba del mondo cristiano troviamo poi l’arcangelo alleato con Costantino, divenuto nel 314 d. C. il primo imperatore cristiano.
Come è noto, Costantino, che era pagano, compì il primo atto
ufficiale di adesione al cristianesimo nel 312 d. C. durante la campagna contro
Massenzio, facendo incidere sugli scudi dei suoi soldati il monogramma di
Cristo. Eusebio, nella sua Historia Ecclesiastica (IX. 9), ci informa
che Costantino aveva avuto in Gallia la visione di una croce con il motto in
hoc signo vinces (con questo segno vincerai); il sogno l’aveva indotto a
far preparare uno stendardo con la croce (labarum) – e l’arcangelo
Michele gli portò “armi vittoriose”. L’esperienza celeste pare certa in
quanto un gesto simile non poteva essere popolare in un esercito ancora per la
stragrande maggioranza pagano. L’editto di Milano del 313 d. C. portò al
riconoscimento ufficiale del cristianesimo in tutto l’impero. Anche i
successori di Costantino ebbero in grande onore l’arcangelo guerriero e
taumaturgo e godettero della sua protezione.
Il culto dell’arcangelo Michele era molto diffuso anche in
Egitto, regione passata presto al cristianesimo. Si sa per esempio che già
all’inizio del IV secolo gli fu consacrato un tempio che in precedenza era
stato dedicato a Saturno e che nelle città e nelle campagne esistevano numerosi
oratori dedicati a lui.
Era poi uso frequente, come attestano varie lapidi funerarie,
rivolgersi all’arcangelo Michele affinchè intercedesse per le anime dei
defunti; e molto importante era considerato anche il suo ruolo di angelo
taumaturgico. In questo campo la fonte più importante di informazioni sono le
leggende copte studiate e tradotte alla fine del XIX secolo da E. Amélioneau (Contes
et romans de l’Egypte chrétienne, I e II, E. Leroux Ed. Paris 1888).
Nei due volumi dei racconti da lui curati si trova una grande varietà di vicende legate ai primi tempi del cristianesimo. In esse quasi sempre appare l’arcangelo Michele in ruoli diversi: patrono dei naviganti e dei contadini, signore delle acque, angelo del popolo, guida delle anime, esorcista e molto spesso anche medico. Ne riportiamo alcune a titolo di esempio.
“C’era una giovane donna di nome Sofia che abitava nella
stessa strada dove era stata costruita la chiesa in onore dell’arcangelo
Michele. Suo marito Arcadio, un commerciante molto ricco, era idolatra. Un
giorno, dopo aver acquistato delle merci di cui aveva bisogno per il suo
commercio, decise di partire per un paese lontano; chiamò sua moglie e le
disse: “Prenditi cura di tutto ciò che si trova dentro la nostra casa”.
Lei gli fece osservare che il Dio dei cristiani si interessava di coloro che lo
adoravano ed esaudiva le loro preghiere. Lui ne convenne con lei. “Se vuoi”,
riprese la donna, “andrò a trovare Donatios che intercederà per noi presso
il suo Dio affinchè ci conceda un figlio”. Al che Arcadio rispose: “Tieni
la cosa segreta, altrimenti gli idolatri si rivolteranno contro di noi e ci
metteranno a morte”.
Da quel giorno
pregarono costantemente il Signore e l’arcangelo Michele di esaudire la loro
preghiera. Qualche giorno dopo una luce sfolgorante illuminò tutta la casa.
L’arcangelo Michele apparve loro e disse: “Asolta,
Arcadio, voi avrete un figlio che, come voi, avrà in eredità
E ancora: “Nei tempi antichi un gran
numero di barche scendeva lungo il Nilo. Un vento furioso soffiava contro di
esse al punto che stavano per fare naufragio. Le persone che si trovavano a
bordo di quelle barche disperavano di salvare la vita e non vedendo alcuna
possibilità di salvezza gridarono in coro: “O puro arcangelo Michele, capo
delle milizie celesti, o angelo della pietà e della misericordia. Guarda quale
è la nostra situazione. Salvaci e intercedi per noi presso Dio, perché siamo in
pericolo di morte”. Accompagnavano queste preghiere con lacrime amare.
Subito Dio venne in loro soccorso: l’arcangelo Michele discese dal cielo e
trainò le barche a riva. Tutti vi arrivarono sani e salvi, senza soffrire alcun
male. Raccontarono questa meraviglia in tutti i luoghi dove si recarono e il
dodicesimo giorno di ogni mese celebrarono la festa dell’arcangelo Michele”.
Veniamo ora all’Italia.
A segnare il fiorire della devozione per l’arcangelo Michele
nella penisola italica furono le sue clamorose apparizioni sul monte Gargano,
zona boscosa, selvaggia e ancora pagana, mentre la città di Siponto (l’odierna
Manfredonia) da cui dipendeva era già cristiana.
Le apparizioni dell’arcangelo Michele e la creazione del
santuario micaelico di Monte Sant’Angelo, che ben presto assunse fama
internazionale, sono descritte in un libretto anonimo dal titolo Liber de
apparitione sancti Michaelis in Monte Gargano (detto solitamente Apparitio),
che presenta l’ambiente garganico e racconta come il culto dell’arcangelo
Michele vi si fosse insediato. Le apparizioni principali furono tre, chiamate
rispettivamente “del toro”, “della battaglia” e “della
consacrazione della grotta”.
Il primo episodio è questo:
“Viveva nella città di Siponto un uomo assai ricco di nome
Gargano, proprietario di un gran numero di greggi e armenti. Un giorno, mentre
le sue bestie pascolavano sulle pendici del monte, un toro si allontanò dalla
mandria e non fece ritorno a sera con l’altro bestiame. Gargano radunò allora
molti servi e si mise alla sua ricerca. Lo trovò infine sulla cima del colle,
immobile di fronte all’apertura della grotta. Preso dall’ira alla vista della
bestia che gli era sfuggita, l’uomo tese l’arco e le scagliò contro una freccia
avvelenata. Ma questa, invertendo a mezz’aria la sua direzione, come sospinta
da un soffio di vento, tornò indietro e colpì colui che l’aveva scoccata.
Gli abitanti di Siponto, stupiti e turbati da quel fatto
inspiegabile, non osarono avvicinarsi alla grotta; si recarono invece dal loro
vescovo per chiedergli che cosa dovessero fare. Il presule indisse allora tre
giorni di digiuno, poiché riteneva necessario pregare Dio per sapere come
comportarsi. Al termine del digiuno il santo arcangelo del Signore Michele gli
apparve in visione e gli disse: “Hai fatto bene a chiedere
a Dio ciò che gli uomini ignorano. Sappiate dunque che il misterioso fatto di
quell’uomo colpito dalla sua stessa freccia è avvenuto per mio volere; io,
infatti, sono l’arcangelo Michele e sto sempre alla presenza del Signore.
Poiché ho stabilito di custodire sulla Terra questo luogo e i suoi abitanti,
con quel segno ho voluto mostrare che di tutto quanto qui avviene, e del monte
stesso, io sono patrono e custode”. Conosciuta questa rivelazione, i
cittadini di Siponto iniziarono su quel monte a pregare Dio e il santo
arcangelo Michele”.
Ed ecco il secondo episodio:
“Intanto i napoletani mossero guerra agli abitanti di Siponto e
Benevento. Questi ultimi, seguendo il consiglio del loro vescovo, chiesero una
tregua di tre giorni per poter implorare con tre giornate di digiuno il
soccorso di san Michele…. La notte precedente la battaglia l’arcangelo apparve
in visione al vescovo, al quale disse che le loro preghiere erano state
esaudite e preannunziò che sarebbe intervenuto in loro soccorso nella battaglia
del giorno seguente…. Appena gli armati si furono schierati sul campo, il monte
Gargano fu scosso da un immenso fragore e tra un continuo cadere di fulmini e
saette tutta la cima della montagna fu avvolta da tenebrosa caligine…. I nemici
fuggirono, inseguiti fino a Napoli. I vincitori, mentre al mattino
ringraziavano Dio presso il tempio dell’arcangelo, videro impronte come di
uomo, fortemente impresse nella pietra, accanto ad una piccola porta posta a
settentrione. Compresero allora che il beato Michele aveva voluto in questo
modo dare un segno della sua presenza”.
Questa apparizione richiama al regno dei
longobardi, giunti a Benevento intorno al 570, che riuscirono a conquistare
tutto il monte Gargano sul quale già sorgeva il santuario di san Michele.
Probabilmente la battaglia combattuta dai longobardi, cioè gli abitanti di Siponto
e Benevento, contro i “napoletani”, cioè i bizantini che avevano
conquistato Napoli, è proprio quella di cui parla
La connotazione di Michele come combattente e capo delle milizie
celesti era per altro molto congeniale ai longobardi, i quali vi ritrovavano le
caratteristiche di Wotan, divinità suprema dei popoli germanici, dio della
guerra, protettore dei guerrieri e psicopompo, cioè accompagnatore delle anime
nell’aldilà.
Il terzo episodio riguarda la consacrazione della grotta del
Gargano: l’arcangelo apparve al vescovo di Siponto e gli annunciò di aver
personalmente provveduto a consacrare la grotta: “Non spetta a voi
consacrare la chiesa da me costruita. Io l’ho edificata e l’ho anche
consacrata”. Entrati nella grotta, i devoti trovarono infatti un altare già
preparato con sopra un drappo rosso.
Questi tre episodi sono collocati storicamente tra la fine del V secolo e quella del VI. Un quarto episodio infine avvenne molti secoli dopo, nel 1656, durante la peste che infuriava nella regione e che fu debellata grazie ai consigli che l’arcangelo Michele diede al vescovo di Siponto al quale ancora una volta apparve, dicendogli che ovunque fossero stati posti i sassi della sua basilica con sopra scolpiti la croce ed il nome dell’arcangelo, la peste si sarebbe dileguata. Il vescovo fece distribuire al popolo i sassi dopo averli benedetti e, narrano le cronache, tutti coloro che li ricevettero furono liberati dal contagio.
Si tramanda anche che l’imperatore tedesco Enrico II, in seguito
proclamato santo, visitò il Gargano nel 1022 e si recò con il suo seguito a
pregare nella grotta dell’arcangelo. Giunta la sera, tutti uscirono, ma
l’imperatore rimase e vi trascorse la notte in intima unione con l’arcangelo
Michele. Ed ecco che nel cuore della notte ebbe una visione: vide una grande schiera
di angeli entrare nel tempio, ornare l’altare e predisporre ogni cosa per
l’arrivo del principe degli angeli, il quale giunse in un inaudito splendore e
celebrò il servizio divino accompagnato dal coro degli angeli. Michele porse a
tutti da baciare il sacro testo del Vangelo e lo ofrì per ultimo ad Enrico II,
che a quella vista cominciò a tremare in tutto il corpo. Michele allora lo
percosse lievemente sul fianco e lo invitò a non avere paura di nulla, lui che
era stato ammesso all’angelica cerimonia. Quando l’imperatore lasciò la grotta,
era paralizzato e da allora zoppicò per tutta la vita.
Da sempre sul monte Gargano si dice che la grotta dell’arcangelo
è per gli esseri umani di giorno e per gli angeli di notte. Nessuno infatti osa
entrarvi dopo il calare delle tenebre.
L’ampia e suggestiva grotta dell’arcangelo è un luogo di estremo
fascino, che suscita in chi vi entra una grandissima emozione. L’attuale
basilica gotica sovrastante la grotta fu edificata da Carlo d’Angiò. La statua
marmorea dell’arcangelo, opera dello scultore Andrea Cantucci detto il
Sansovino (1507), rappresenta Michele, principe delle milizie celesti e
vincitore del demonio, rappresentato come mostro orribile che giace ai suoi
piedi.
Il santuario di san Michele è stato fin dalle origini meta di
innumerevoli pellegrinaggi, divenendo il più famoso luogo di culto
dell’Occidente. Le iscrizioni in tutte le lingue e di tutte le epoche rinvenute
dagli archeologi attestano la presenza di pellegrini di moltissime nazionalità:
goti, franchi, alemanni, angli, sassoni. Un culto che si rinnova da oltre 1500
anni: nel periodo delle crociate il santuario di san Michele divenne tappa
d’obbligo prima di partire per
Tra i pellegrini celebri ricordiamo gli imperatori tedeschi
Ottone I e Ottone III, il già citato Enrico II, Federico II di Svevia, Carlo
d’Angiò, Matilde di Canossa, Bernardo di Chiaravalle, Francesco d’Assisi,
Brigida di Svezia, Alfonso de’ Liguori, Padre Pio, Leone IX, Urbano II,
Celestino V, Giovanni XXIII quando era cardinale e Giovanni Paolo II.
Il santuario garganico, che san Michele stesso aveva indicato
come sua dimora, divenne il modello di molti altri santuari dedicati nel
medioevo all’arcangelo, che furono edificati sempre in luoghi alti e boscosi,
dentro caverne, con la presenza di acqua.
Ma l’arcangelo stesso provvide, con successive apparizioni, ad
attualizzare il suo messaggio e a riproporsi come inviato di Dio e protettore.
Clamorosa
la sua apparizione a Roma nel 590 d. C. mentre infuriava una epidemia di peste,
che nel 589 aveva fatto tra le sue vittime anche papa Pelagio. L’anno dopo il
suo successore papa Gregorio Magno organizzò una processione penitenziale per
implorare da Dio la liberazione dal morbo. Quando il corteo imboccò il ponte
Elio sul Tevere, il papa ebbe una visione: sulla cima del mausoleo di Adriano
andò a posarsi l’arcangelo Michele in atto di rinfoderare la spada, a significare
che l’ira di Dio era Placata. Da quel momento il flagello cessò e
Altra spettacolare apparizione in Normandia all’inizio del VIII
secolo: l’arcangelo apparve ad Oberto, vescovo di Avranches, e gli chiese di
costruire una chiesa sulla cima del monte Tombe. Più che di un monte, si tratta
di un masso erratico alto
Il vescovo rimase incredulo, esitò a fare quanto l’arcangelo gli
aveva chiesto e occorse una seconda apparizione perché si convincesse. Michele
toccò con un dito la testa del prelato provocando una ferita che non si
rimarginò più, dopo di che Oberto non esitò: su indicazione dell’arcangelo,
inviò alcuni monaci al Gargano a chiedere dei pignora, cioè oggetti
reliquie, in memoria di san Michele, ed ebbe dai custodi di Monte Sant’Angelo
un frammento di roccia e un pezzo di drappo rosso che l’arcangelo aveva
lasciato sull’altare. La chiesa – Mont Saint Michel – fu edificata ed
ingrandita nel tempo ed è il più frequentato santuario francese.
Un’altra suggestiva apparizione in Italia, in Val di Susa ad un
monaco che conduceva vita eremitica, portò alla creazione della Sacra di San
Michele della Chiusa: un suggestivo santuario alto sulla montagna come molti di
quelli dedicati all’arcangelo.
I tre celebri santuari, Mont Saint Michel, San Michele della
Chiusa e Monte Sant’Angelo, sono perfettamente allineati e alla stessa distanza
fra loro.
Ma Michele non è apparso solo per chiedere santuari. Tra le sue
più celebri manifestazioni va ricordata quella a Giovanna d’Arco: sua era
In Italia, tra le apparizioni più celebri dell’arcangelo,
ricordiamo quelle di Procida quando, grazie ad un’improvvisa tempesta l’isola,
i cui abitanti si erano rivolti a lui in preghiera, fu salvata dall’assedio dei
corsari (1535), e di Caltanissetta quando Michele, secondo la tradizione, salvò
la città dal pericolo del contagio della peste (1625).
Moltissimi, in Italia e all’estero, le chiese, i santuari, le
basiliche, gli altari dedicati all’arcangelo, secondi per numero soltanto a
quelli dedicati alla Madonna. E grande la devozione per lui da parte delle
figure più significative del cristianesimo: da san Francesco a Padre Pio.
Michele è anche presente nelle apparizioni della Madonna: a Fatima in
particolare preparò i bambini all’incontro con